Categoria: V

Vacànde

Vacànde agg. = Vuoto

In italiano i quasi omofono ‘vacante’ si riferisce a ufficio, carica, dignità, cattedra, mancante del titolare.

Ad esempio: Sede Vescovile vacante = Manca il Vescovo titolare (trasferito o deceduto), e si è in attesa del successore.

In dialetto semplicemente significa: vuoto, che non contiene nulla.

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Vaccarèlle

Vaccarèlle s.f. = Eritema ab igne

Sono conosciute anche con il nome di “Eritema da scaldino”, o con termine anglosassone “Toast skin syndrome”, ossia sindrome da pelle abbrustolita.

Leggo in rete: «L’eritema ab igne è una malattia della pelle causata da una prolungata esposizione al calore.

L’esposizione a radiazioni termiche prolungate sulla pelle può portare allo sviluppo di eritema reticolato, con iper-pigmentazione, desquamazione nella zona interessata-

L’eritema è stato comunemente osservato negli anziani seduti o seduti vicino a camini o stufe elettriche…..(omissis)… Le donne hanno una maggiore incidenza di eritema rispetto agli uomini.

Sebbene l’uso diffuso del riscaldamento centralizzato abbia ridotto l’incidenza complessiva di eritema ab igne, a volte si riscontra anche in persone esposte al calore da altre fonti quali impacchi caldi, fornelli, sacche d’acqua calda e dispositivi elettronici.»

Senza incartarmi in queste descrizioni tecnico-scientifiche, dico più semplicemente che le vaccarèlle sorgevano sugli arti inferiori a causa dell’abitudine, specie nelle giornate molto fredde, accostarsi troppo al braciere, unica fonte di calore esistente nelle case. Le vaccarèlle hanno un aspetto reticolato, e comparivano ugualmente nonostante le gambe fossero coperte da pigiami o pantaloni

Oggi è raro vederle, grazie al riscaldamento domestico ottenuto con termosifoni, il cui calore diffuso impedisce la loro formazione.

Per i giovani di oggi, che non ne hanno mai viste, pubblico una foto reperita in rete.

Il nome forse deriva dal reticolo di vene ben visibile sulle mammelle delle mucche quando sono turgide di latte.
A Matera sono chiamate salsuzze = salsicce!

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Vacciüne

Vacciüne s.f. = Giovenca

Bovino femmina giovane, vaccina, vitellona.

Come aggettivo designa il tipo di carne: càrna vacciüne = carne vaccina (da vacca, carne bovina)

Viene usato anche come soprannome. Ricordo Giancècche ‘a vacciüne = Gianfrancesca “la vitella”.

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Valanzüne

Valanzüne s.f. s.m. = Bilancina, cavallo d’appoggio

Non si tratta di una bilancia di precisione, quella usata dai farmacisti o dai tossicodipendenti.

1) Valanzüne s.f. = Bilancina, bilanciere.
È un’asta di legno cilindrica lunga cm 80 e di diametro di circa cm 10. Dalle due estremità partono due funi che si allacciano i finimenti del cavallo da tiro, e dalla parte centrale un gancio che si fissa al carrettöne=carro grande. Il fatto che avesse un gancio centrale e gli allacci alle due estremità la faceva assomigliare all’asta della bilancia a piatti. Da questo il nome valanzüne.

2) Valanzüne s.m. = Cavallo d’appoggio.
Per estensione si intende (‘u valanzüne, al maschile) il cavallo di appoggio a quello collocato tra le stanghe del carretto, che di solito è più forte e più affidabile, quando si prevede di trainare dei pesi considerevoli o di affrontare un percorso che comprende delle salite.

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Vambógghje

Vambógghje s.m. = Truciolo

Striscia più o meno sottile di materiale, generalmente arricciata, che si asporta da un pezzo di legno o di metallo lavorandolo con una pialla o con altre macchine utensili.

Deriva, secondo me da vàmbe = vampa, fiamma per la facilità con cui si possono accendere. Usata proprio quale esca per preparare un fuoco più grande.

Famosa la gag del clown, che aveva posto gli occhiali verdi al suo ciuchino in modo che scambiasse per erba di prato i trucioli che gli aveva propinato per desinare.

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Vamméne

Vamméne s.f. = Levatrice

Ostetrica, levatrice.
Nei tempi in cui tutte le donne partorivano in casa la mammana era preziossima per la sua lunga esperienza.

Tutte le puerpere la chiamavano “comare”, come se avessero un vincolo speciale con lei.

Io ricordo le più note fino agli anni ’50: cummére Verèlle = comare Vera, e Cummére Marije Tunnjìlle. Non so se hanno ancora esercitato in epoca successiva.

Maledizione alla levatrice!

Un’imprecazione diffusa e simpatica è anche: Maledezzjöne, alla vamméne!

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Vamméne Zappunöte (La)

La vamméne Zappunöte loc.id. = La levatrice di Zapponeta

La locuzione descrive una donna che si dà delle arie eccessive. Ma chi crede di essere ‘a vamméne Zappunöte?

In un piccolo centro come Zapponeta potrebbe anche essere considerata una persona importante, insostituibile, ma che aveva poco da fare perché le nascite non erano molto numerose.

Ma nella nostra “grande” città costei è solo un numero che si confonde negli altri numeri.

Al maschile si diceva, con lo stesso significato spregiativo: ‘U Sìneche Zappunöte.= il Sindaco di Zapponeta, beninteso quando il centro era solo una piccolissima frazione di Manfredonia e certamente non aveva il Sindaco ma solo un Rappresentante in seno al Consiglio Comunale di Palazzo San Domenico.

Ora che Zapponeta è un Comune autonomo, certamente avrà il suo bravo Sindaco, legittimamente insediato. Perciò la locuzione ha perso il significato dispregiativo originale.

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Vandasciòtte

Vandasciòtte agg. = borioso, spaccone, vanaglorioso, millantatore.

Persona che usa attribuirsi, in ogni suo dire, qualità o gesta del tutto eccezionali e superiori.

Qualità o azioni non motivate né tanto meno riconosciute dagli astanti né dagli assenti.

Forse qualcuno lo asseconda, solo per educazione, ma in fondo non dà credito alle sue castronerie (vi piace questa parola?), consapevole che sono esagerazioni belle e buone.

Sinonimi (cliccare sui singoli termini):
Fé sèmbe l.’ùve a düje rósseesempio concreto,
Grannezzüse, maniaco di grandezza
Sbafandüse. un po’ vintage e il più simpatico.

Ho scoperto casualmente che lo stesso termine è usato anche a Cerignola.

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Vandöre

Vandöre s.f. = Grembiule

Grembiule di tela grossa e a volta addirittura di cuoio come quello dei fabbri, usato dagli artigiani per proteggere i loro abiti da lavoro da bruciature o da vernice, o da colla, ecc.

Credo che derivi da “avanti” o “che si pone sul davanti”.

Il grembiule (che copre il grembo), usato tuttora dalla brave massaie, è di tela non troppo grossa, ed è chiamato con forma maschile ´u senéle, che protegge il seno o che si mette ´nzüne, addosso.

Quando una ragazza –  della quale le pettegole conoscevano le precorse  “battaglie” –   andava all’altare vestita di bianco, mascherando una perduta illibatezza, le malelingue dicevano che “n’ho fatte cjinde e jüne e mo ce mètte  ‘a vandöra bbianghe” = Ne ha combinate tante, ed ora si mette il grembiule bianco (ma noi sappiamo….).

Ora nessuno ci fa caso se la sposa ha il pancione sotto l’abito bianco..

 

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Vanne

Vanne s.f. = Parte, lato, luogo, sito, posto

Posto, località, luogo, zona.

In letteratura (e tuttora anche nel Salento) è stato usato il termine “banda” nel significato di parte, lato: es. la folla arrivava da ogni banda. Etimo albanese Banda, Benda, Bendi.

Credo che da questo termine derivi il nostro vanne.

Add’jì ca vé? A nescjüna vanne = Dove vai? In nessun posto.

A quala vanne ha viste fé acchessì? = Dove (in quale posto) hai visto fare così? = Non comportarti più in questo modo riprovevole.

Se a ‘na vanne nen sì stéte ‘nvetéte ne t’appresentanne = Se in qualche luogo non sei invitato non ti presentare.

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