Categoria: N

N’abbaste a rengrazzjé

N’abbaste a rengrazzjé loc.id = Grazie infinite

È un modo di ringraziare decisamente più intenso dell’abituale “grazzje tànde” = Tante grazie.

Quando il ringraziamento è molto sentito per aver ottenuto un grosso favore, si ricorre alla locuzione del titolo, di solito rivolto in prima persona, sing. e plur.

Significa in effetti: io non finirò mai di ringraziarti, io non ti avrò ringraziato mai abbastanza per quello che hai fatto per me.

Volto al plurale:n’abbastéme a rengrazzjé = Il nostro ringraziamento è indeguato rispetto al beneficio ricevuto. Non basta, non è bastevole, è insufficiente.

In effetti questo modo di ringraziare è sempre spontaneo e cordiale e direi simpatico.

Qualche volta, tra amici, viene detto ironicamente o per sfottò, quando il favore è stato promesso e non mantenuto.

Note di fonologia:

1 – la negazione, per il fatto che il verbo comincia per vocale, non è il solito nen = non, come ad es. in nen parle, ma n’:

2 – la frase usa il verbo un po’ italianizzato abbasté come una specie di riguardo verso l’interlocutore cui si rivolge il ringraziamento.
In manfredoniano si dovrebbe dire avasté. Torno a ribadire l’influsso nel nostro dialetto della lingua spagnola, la quale pronuncia nello stesso modo la ‘b’ e la ‘v’, ossia espirando a labbra strette un po’ di fiato, come se si dovesse spegnere una candelina. Un esempio per tutti. Sp. brazo, braza = dial. vrazze = it. braccio, braccia.

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N’ate-e…

N’ate-e… loc.id.= altro, altra, ulteriore.

La locuzione, di uso comune in quasi tutta la  Daunia, è seguita sempre da un numero cardinale.
Ad esempio ‘n’ate-e-sètte  = altri sette.

Alla lettera significa “un-altro-e…”.  Come dire, che oltre al soggetto (persona o cosa già indicata), occorre aggiungerne uno o più, ad esso similare.

‘N’ate e…  è accordabile con qualsiasi misura numerale:
‘n’ate e jüne, ‘n’ate e cinghe, ‘n’ate e növe… ‘n’ate mille, ecc.

Nzjimbre au dottöre nustre stöve ‘n’ate-e-jüne = Assieme al nostro dottore c’era un altro (medico).

Significa anche; nuovo, seguente, ulteriore rispetto al precedente:
T’ho piacjüte ‘u scavetatjille? E purtatìlle ‘n’ate-e-düje o trè = Ti è piaciuto lo scaldatello? Portatene altri due o tre!

Pe mètte ‘na matunèlle. sò trasüte Giuanne e ‘n’ate e trè frabbecatüre = Per sostituire una mattonella sono entrati Giovanni e altri tre muratori (addirittura!).

Se Totò fosse stato delle nostre parti, in “Malafemmena”, invece di comporre: “Si avisse fatto a n’ato chello ch’hê fatto a mme…”, avrebbe scritto: “se avìsse fatte a ‘n’at-e-jüne quèdde ch’à fatte a mmè...”  😀

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Nagghjire

Nagghjire o anche Chépe-nagghjire s.m. = Capo frantoiano.

È il numero uno nella gerarchia tra gli operai addetti al frantoio oleario. Gli operai sono detti (clicca→) trappetére = frantoiani.

È lui che sceglie i collaboratori, che contratta la molitura e l’eventuale vendita di olio.

Siccome il ruolo chiede una forte personalità, viene definito scherzosamente chépe-nagghjire anche chi possiede un deciso carisma, un’aura da leader.

Il termine è quasi in disuso, perché nessuno più frequenta i frantoi, dato che questi ultimi, moderni e funzionali, necessitano di poco personale, in grembiule bianco, lindi e puliti come gli infermieri.

Probabilmente deriva da “nocchiero”  che, nel linguaggio della marina militare italiana, indica colui chi dirige i servizi marinareschi di bordo.

Grazie a Enzo Renato per il suggerimento.

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Naltaràrece

Naltaràrece v.i. = Agitarsi, incollerirsi, alterarsi

Con altra locuzione si dice anche pegghjàrece velöne = prendersi veleno.

È la fase di incazzatura che precede l’esplosione dell’ira, che si manifesta con una forte sbraitata se non addirittura con un’aggressione manesca.

Ci si può naltaràrece a sentire i comportamenti non politicamente corretti di qualche uomo di Stato. (Ci voleva la U maiuscola per indicare l’uomo responsabile di una carica di Stato, ma non me la sono sentita, ed ho messo la u minuscola….pecchè stéche naltaréte!= perché sono imbufalito).

Scusate il neologismo, ma descrive bene lo stato di incazzatura che pervade molti altri Italiani in questo momento…

Tornando al termine: presumo che derivi da alterarsi, nel senso di cambiare, passare da uno stato di serenità a uno di agitazione, variare di umore.

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Nammechéte

Nammechéte agg. e s.m. = Empio

Ammesso anche ‘nnammechéte e ‘namechéte.

Chi o che non rispetta le cose sacre, sacrilego.
Per estensione: irriverente verso istituzioni e tradizioni consolidate.

Credo che alla lettera significhi: “che è inimicato” (con Dio o con il Codice penale), parola dotta sfuggita a un prete sul comportamento scellerato di qlc farabutto.

Ne lu dànne avedènze a códdu nammechéte! = Non gli dare retta a quell’infame.

‘U nammechéte (Crìste-ce-vènghe) per antonomasia  a Monte, senza nominarlo, era considerato quello che sta sotto i piedi di San Michele!

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Nanarjille

Nanarjille s.m. = Strùffolo

 

Prodotti dolciari tipici del sud-Italia

Si tratta di tocchetti di pasta dolce ricavati da un cannello di farina zucchero e burro.

Una volta fritti,vengono ricoperti di miele o vünecùtte = vino-cotto, ossia mosto di uva o di carrube bollito e addensato.

In Campania si chiamano “struffoli”, nel Salento in Sicilia e in Calabria “porcedduzzi”. Ho letto anche il termine “cicerchiata” usato in Italia Centrale (Marche, Umbria, Abruzzo e forse Toscana).

Durano anche un mese, ma… solo se sono conservati sotto chiave!

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Nannùrche

Nannurche s.m. = Orco.

Nannùrche era lo spauracchio che le nostre mamme ci paventavano per indurci a stare buoni.

Ce lo descrivevano come un cannibale che mangiava i bambini e che era dotato anche di una voce bestiale.

Se qualcuno alzava la voce un po’ troppo, veniva invitato a calmarsi con: “Statte calme, ch’assemìgghje a Nannurche!” = Calmati, che sembri un orco.

Per rendere l’invito più perentorio, si aggiungeva la dimora dell’orco perché faceva assonanza: Nannurche abbàsce a l’ùrte = l’Orco giu nell’orto.

Meno male che noi non siamo venuti su complessati, dopo tutte queste cose orribili ci hanno raccontato le mamme e le nonne! Roba da film horror

Ma noi monelli facevamo credere di temere l’orco, e sotto sotto ce la ridevamo…

Non so se esisteva al femminile Nannòrche… Un’orchessa ci avrebbe fatto ridere al solo nominarla!

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Nanònne

Nanònne s.f. = Nonna

Generalmente significa “la nonna” o  “mia nonna”. È prevalso il modo nanònne come per unire l’articolo al nome: la (mia) nonna.

Difatti per dire “tua nonna” si usa nònete o anche nònnete, e “sua nonna” si dice ‘a nònna söje.

In genere designa tutte le persone anziane o che sembrano anziane per acciacchi o per trasandatezza.

C’jì vestüte accüme a nanònne = si è vestita come una vecchietta, ossia con abiti trasandati o decisamente demodé.

Al maschile suona nónnó, con le “o” strette (come il francese metró).

Sò jüte au cambesànde a trué nónnó e nanònne = sono andato al cimitero a visitare la tomba dei miei nonni.

Una voce antica, completamente desueta, era il vocativo mammanne, sulla falsariga del francese maman.

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Nasche

Nasche s.f. = Fiuto, odorato

Anche metaforicamente nel senso di intuizione, sentore.

Il modo di dire fàrece ‘a nasche significa abituarsi (all’odore o) a qlcs, anche figuratamente, come per dire ‘farci il callo’.

‘I scupastréte, a sté sèmbe p’a mennèzze ce fànne ‘a nasche = Gli operatori ecologici, a furia di trattare l’immondizia, non ne sentono i miasmi.
Il sostantivo deriva dal latino nasicam =  Narice; Fiuto

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Navegànde

Navegànde s.m. = Marinaio

In dialetto marinaio, che ho usato quale termine corrispondente, significa addetto alla pesca, pescatore.

In italiano marinaio ha due significati:
1 – Chi lavora abitualmente, in varia forma, sulle navi.
2 – Militare non graduato appartenente al corpo della marina.

Noi adoperiamo per il significato 1 il sostantivo navegànde = navigante, ossia specificamente chi fa parte dell’equipaggio di una nave mercantile, e che perciò naviga per professione per tutto il mondo da un porto all’altro su navi da trasporto.

Ringrazio il dott.Enzo Renato per il suggerimento.

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