Tag: interiezione

Gghjachitemmùrte

Gghjachitemmùrte inter. = Esclamazione, (rom. li mortàcci.…)

Si tratta del riassunto della frase intera: mannàgghja a chi t’è murte! = male ne abbia chi ti è morto.

In rapporto al numero dei destinatari dell’improperio, può essere declamato anche al plurale: ‘ghiachivemmùrte.

Viene enfatizzato, sempre ad alta voce. Se non bastasse, per rincarare la dose, si aggiunge una cosa senza prendere fiato: “e stramùrte!”.

Quando lo si bisbiglia a testa bassa vuol dire che si è di fronte a qualcuno che non deve sentire, per il bene di tutti (il capufficio, il militare di grado superiore, un poliziotto che ti sta multando)

Talora, ancora più stringatamente echeggiava un trisillabo, specie se rivolto a dei monelli in fuga dopo aver combinato qualche marachella: “ghià-chì-v’è….!” e bastava questo.

Comunque jastemé ‘i mùrte=bestemmiare contro i defunti era considerata una ingiuria molto grave. La reazione era violenta, e la zuffa, anche tra adulti, finiva molto male.

I più poetici ricorrevano alla frase:
«mannagghje all’ùsse sturte
de chivemmùrte
e stramùrte!
»

Io credo solo per questione di rima, a prescindere dalla deformazione di povere ossa di quei morti.

Filed under: GTagged with:

Fòsse-lu-Düje!

Fòsse-lu-Düje! inter. = Magari! Lo volesse Dio! Sarebbe un dono di Dio!

L’interiezione esprime vivo desiderio, speranza, aspettativa.

Vulüme jì cré a Venèzzje? Fòsse-lu-Düje = Vogliamo andare domania Venezia? Magari!

Ma ‘u marute de Marètte jì rìcche? Fòsse-lu-Düje! = Ma il marito di Marietta è ricco? Magari lo fosse!|

Filed under: FTagged with:

Enjinde 

Enjinde inter. = Non è cosa da niente!

Esclamazione di stupore, di incredulità, come per dire: “è niente al confronto”, “non hai idea di come sia”, “non c’è niente di simile”, ecc.

Agghje vìste ajire n’àrve de castagne. Enjinde quant’jöve jìrte = Ho visto ieri un albero di castagne. Non hai idea di com’era alto.

Con lo stesso significato si dice anche Éfèsse jì = non è cosa da nulla, è ben rilevante.

Efèsse jì, cüme böve Giuanne: jì proprjo ‘nu ‘mbriacöne! = Accidenti come beve Giovanni: è proprio un ubriacone.

Filed under: ETagged with:

Cjissó 

Cjissó inter.= Gesù!

È lo sfogo spazientito di chi non ne può più.

Sarebbe a dire: Gesù, guarda che mi tocca sopportare!

Cjissó, c’jì fàtte mezzanòtte e ‘sti fetjinde stànne angöre a fé ammujüne! = Gesù, si è fatto mezzanotte e questi mascalzoni stanno ancora a fare baccano!

Se la pazienza stava per cedere il passo alla collera, il poveretto richiedeva anche l’aiuto di Maria:

Cjissó, Marüje, ma quìste hanne pèrse ‘a fàcce! = Gesù, Maria, ma questi hanno perso il senso della misura!

Quando mio padre, su mia sollecitazione di bimbetto, mi spiegò che Cjissó significava Gesù, io mi meravigliai parecchio, perché sapevo che si diceva Gése Crìste.

Misteri linguistici.

Vorrei azzardare una spiegazione.

In chiesa la Messa in latino nominava sovente Jesus. “In illo tempore dixit Jesus…”
Siccome in dialetto le parole che contenevano il dittongo ie o je si dicevano ji, ossia con una i lunga (fjine/fieno, cjile/cielo, Ciumariello/Ciumarjille, ‘njinde/niente, ecc) Jesus divenne Gjisó e da qui, specie se uno era un po’ incazzato, sonorizzava la ‘g’ in ‘c’ e raddoppiava la ‘s’, si è giunti a Cjissó.

L’interiezione, dice la grammatica, esprime un particolare atteggiamento emotivo del parlante, in modo estremamente conciso.

Nel nostro caso quel bisillabo, che alla lettera vorrebbe dire, un po’ storpiato: “Gesù!” viene pronunciato un tono quasi in falsetto, dopo aver constatato un atteggiamento o un modo di agire non consono alle aspettative.

Avöve dìtte de sté cìtte, e quìste nen te sèndene. Cissó, e che stéche parlànne ‘mbàcce a fràteme? = Avevo chiesto di non parlare ad alta voce, e questi non mi ascoltano. Ma guarda un po’, Per caso sto parlando al muro?

Il nome di Gesù in altro contesto è pronunciato sempre Gése-Crìste=Gesù Cristo. In dialetto non esiste la traduzione del solo nome Gesù senza il titolo di Cristo (unto, consacrato).
Quindi Cissó (mi raccomando la ó stetta) è una forzatura vera e propria.

Filed under: CTagged with:

Frèchete

Frèchete inter. = Va’ in malora, va’ a farti benedire!

Imperativo del verbo frecàrece, nel senso di rovinarsi (non di strofinarsi).

Si dice a qualcuno che non ha saputo mettere a frutto una circostanza favorevole. Spesso si antepone l’interiezione “oh” per esprimere un rafforzativo al biasimo. Come l’avversativo italiano “ma” : Ma va a quel paese!

Ecco un esempio: Oh, frèchete! Tenjive bèlle carte ‘mméne e nen l’ha sapüte juchéje = Ma va’ a farti benedire! Avevi delle belle carte in mano e non le hai saputo giocare.

Per chiudere  definitivamente un discorso, quando l’interlocutore continua ad agire di testa sua, a dispetto dei buoni consigli, si antepone la congiunzione “e”.

Faccio un paio di esempi chiarificatori:
Pigghjiatìlle e frèchete = Prenditelo (nonostante il mio veto), e che buon pro ti faccia.
Nen ve süte appresentéte alla fèste ‘ncampagne? E frecàteve! = Non vi siete presentati alla festa (che ho dato) in campagna? Peggio per voi, non sapete che cosa vi siete persi.

C’è una variante frìcheteFrìchete a te e pàtete (o màmete). Va in malora, tu e tuo padre (o tua madre)

Se l’epiteto è rivolto a più persone, al plurale si accorda con: frecàteve!
Frecàteve, a vüje e a quanda mùrte ca tenüte..= Andate alla malora: lo dico a voi e ai morti che avete.

Scusate, questi improperi erano usati da noi monellacci che vivevamo allo stato brado per le strade di Manfredonia, durante i nostri  giochi. molto burrascosi.

Per i bambini c’era la versione “leggera”: oh, frìjete = friggiti, va a farti friggere.

Ora i ragazzini gridano ai loro compagni di giochi, a seguito di scontri fisici o di opinione, in perfetto italiano: “mongoloide!” Credo che questo epiteto sia molto più riprovevole di un bel “frèchete a te e pàtete!

Quando qualcosa va storto, sia rivolto a se stessi o anche al proprio gruppo (se si è in compagnia) ci si rammarica esclamando: frecàmece! = siamo fritti, non c’è rimedio, siamo spacciati, che figuraccia, hanno capito il nostro intento, tutto lavoro inutile, ci hanno sgamati, ecc.

Contrariamente a noi che la pronunciamo molto rapidamente, quasi frèkt, gli Abruzzesi dicono Fréeeechete!, con la è molto allungata, con significato di notevole ammirazione, per esempio, nel vedere una prosperosa donzella, e talvolta di invidia, quando vengono a conoscenza del successo di un amico.

Un po’ come “figo!” usato ora dai ragazzi per esprimere sorpresa, meraviglia, ammirazione, entusiasmo.

Filed under: FTagged with: