Teh, fatije, teh!

Tèh, fatije, tèh! int. = Tiè, lavoro, tiè.

Viene pronunciata in modo un po’ innaturale, con la ‘i’ molto lunga come se si riportasse un dialetto diverso, invece del consueto fatüje.

Già l’esclamazione romanesca (passata poi all’italiano) tiè (tie’ = tieni, acchiappa, prendi) vuole esprimere maligna soddisfazione per qcs. di spiacevole capitato ad altri.

In questo caso è il lavoro che è stato schivato: A noi ce piace de magnà e béve e nun ce piace de lavorà: pòrtece n’antro litro che noi se lo bevemo…

Insomma un mazzangànne si è sottratto a un’incombenza gravosa, e lo dice rallegrandosi e facendo quel gestaccio dell’avambraccio frenato, come per dire: uhé, fatüje, t’agghje frechéte a tè = ehi, lavoro, ti ho fottuto!

Lo sciagurato non sa che il danno è solo suo. Rimarrà disoccupato in eterno, fintantoché saranno vivi i suoi genitori.

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