Baraccöne s.m. = Capannone
Padiglione usato nelle fiere come stand espositivo.
A Manfredonia ‘U bbaraccöne indicava una grande costruzione di legno ubicata vicino al fontanino della Chiesa di Santa Maria delle Grazie, a ridosso di un muro che delimitava un orto, proprio dov’è ora la Banca Montepaschi.
L’interno aveva un palcoscenico, con tanto di sipario, e tante sedie di legno. Raccoglieva ogni sera un pubblico numeroso perché là si rappresentavano fantastiche storie del Ciclo Carolingio, che avevano come attori i burattini (‘i pupàzze) azionati dagli stessi Artisti-proprietari-attori-tuttofare. E senza microfoni!
Queste marionette interpretavano personaggi come Orlando con la sua spada Durlindana e il suo corno magico Olifante, (immediatamente riconosciuto dagli spettatoti per suo mantello rosso e per il suo marcato strabismo), suo cugino Rinaldo (con il mantello verde), il Re Carlo Magno, Angelica, Gano di Magonza (o di Maganza, il traditore), Astolfo, Bradamante, il Conte Ruggiero, Ferraù un guerriero islamico molto possente, ecc. ecc.
Alcuni soprannomi, come ad esempio Malaggìgge, sono presi proprio da da questi personaggi.
Il pubblico si immedesimava talmente tanto nella storia, che quando entrava sulla scena il traditore Gano di Magonza (nome italiano della città tedesca di Mainz, nella Renania) rumoreggiava e lo prendeva a parolacce…Buuuuu! Stu chernüte, vattì scunnacchjéte, chjüne de mèrde, jìsse före, busciàrde! = Questo cornuto, vattene, pieno di corna, pieno di merda, esci fuori, bugiardo!
Il ‘pupo’ per tutta risposta si girava verso il pubblico e gli faceva la “mossa”. E scoppiava immediatamente un boato! Roba da farci un film neorealista.
Quando alla Scuole Medie in Letteratura abbiamo studiato “L’Orlando Furioso” di Ludovico Ariosto, tutti questi personaggi (ricordate la “Chanson de geste” o la “Chanson de Roland”?) ci sono sembrati così familiari!
Come siparietto finale usciva ogni sera sul palco un burattino chiamato Zabbacchièllo (o Zi’ Bacchiello), che atterrava i suoi rivali con incredibili capocciate. (Che diàvele è ‘stu guaglione: Zabbacchièeeeello)
Il Capocomico era il mitico Don Giovanni. Costui e tutti i suoi familiari napoletani, costruivano, restauravano e azionavano magistralmente i burattini a cui prestavano la voce e le movenze. I combattimenti con la spada erano il clou della serata. I pupi sembravano che vivessero di vita propria. Un incanto!
Aggiungo che dipingevano con vivaci colori anche il cartellone che esponevano all’estrerno del “teatro”, con la scena principale dell’episodio che si sarebbe rappresentato la sera, e il relativo titolo. Ad esempio: “Carlo Magno manda Orlando a Roncisvalle a fermare l’avanzata dei Turchi”. Oppure “Il duello finale di Orlando con l’infedele Ferraù”, ecc…
Talvolta recitavano in persona. In questo caso venivano rappresentate storie d’amore, di gelosia e di coltello, recitate nel loro simpaticissimo dialetto napoletano. Il famoso triangolo dele “sceneggiate” napoletane: ìsso, éssa e ‘o malamènte.
Ricordo che per sferrare una coltellata al rivale, il marito tradito usò come arma da punta un improbabile coltello da cucina con la punta arrotondata… .Ma non fa nulla: sarebbero riusciti ad estasiarci anche se il coltello impugnato fosse stato di cartone. È questa la magia del teatro.
Ritengo che questa benemerita famiglia di girovaghi (avevo solo 10 anni e non mi ricordo il cognome di Don Giovanni) sia rimasta bloccata forzatamente a Manfredonia per tutta la durata della guerra.
Successivamente, credo nel 1950 ha definitivamente “sbaraccato” (scusatemi l’involontaria battuta visto che sto parlando di baraccone….) non so se a causa della scarsezza di pubblico, perché la piazza era ormai satura delle loro storie, o per far ritorno nella propria zona.
Chiedete a qualche pescatore anziano: ” ‘U sé che jì ‘u baraccöne de Don Giuànne?” Vi racconterà meraviglie e gli brilleranno gli occhi! Decisamente questo teatrino aveva più fascino del cinema.
Chiedete anche se sanno qualcosa di più: mi pare che sia avvenuto un matrimonio tra uno/a di Manfredonia e una/o di loro.
Forse avrete capito che io ero uno di quelli che ‘appena appena’ si incantava ai loro spettacoli…..:-)
Dopo la chiusura del baraccöne di don Giuànne , un certo Rasjille, grandissimo appassionato delle storie di Carlomagno e dei Paladini di Francia, aveva allestito per conto suo un localino per i nostalgici fans di Orlando e Rinaldo. Dava delle piccole rappresentazioni con dei pupi costruiti da lui.
Non disponendo di un copione, basava le sua storie sulla sua pur formidabile memoria. Ma durante le recite venivano fuori dei frecàbbele (svarioni) passati alla storia:
– Sire, c’è il traditore Gano di Magonza!
– E fricàtelo a mare! ? ?
– Sire, il ponte trabbaléscia
– E mettitece una sippònda ? ?
Il lettore Lino Brunetti mi ha scritto:
“Caro Tonino, pur vivendo io a Taranto da ragazzo, ho avuto l’opportunità di vedere lo spettacolo del tuo baraccone, portato da mio padre, con i miei fratelli, proprio perché trattavasi dello stesso Don Giuànne che esercitava a Manfredonia. Infatti sia prima che dopo lo spettacolo, mio padre, ed altri nostri amici compaesani, si trattennero con il famoso personaggio che girava per le piazza del meridione. L’anno era di sicuro il 1953.
Vedi com’è piccolo il mondo?”
Il Lettore xsedum ha arricchito questo lungo articolo:
“Alla fine degli anni 50 c’era una baracca di legno vicino all’hotel Gargano zona,credo,”la rotonda”.
Nei primissimi anni 60 la baracca fu demolita e venne rilevata dal mitico Rasjille che la utilizzò per costruire il suo teatro dei pupi proprio nello spiazzo sottostante “il Pertuso del Monaco”.
Rasjille abitava proprio dirimpetto è, durante la costruzione, interloquiva con la moglie Lucia, senza bisogno di cellulare che non esisteva, a un volume che era impossibile non udire.
Mi ricordo quei giorni con nostalgia.
Ogni giorno sbirciavo e vedevo crescere questo sogno, ho assistito alle prove delle rappresentazioni e ad alcuni spettacoli.
Grandi speranze e grandi aspettative del piccolo grande uomo.
Credo che il sogno di Matteo sia durato un battito di ciglia.
Molti anni dopo quando vidi il film di Herzog “Fitzcarraldo” pensai immediatamente a Matteo Rasjille ed al suo folle e dolcissimo sogno nell’”Amazzonia Manfredoniana”.”