Scupastréte

Scupastréte s.m. = Spazzino

Questo soprannome deriva dal mestiere, come ferracavalle (maniscalco), cappellére(cappellaio)o lo scherzoso sfasciachemò (che “ripara” i comò).

È accertato quindi che costui era un operatore ecologico. Ovviamente una volta gli spazzini non erano meccanizzati. Erano muniti scope di rami di ginestra con lunghi manici per raccogliere i rifiuti di cucina (che le nostre nonne simpaticamente buttavano per strada, assieme all’acqua del bucato e a quella del lavaggio delle stoviglie) e le ammonticchiavano all’incrocio delle strade. Il paradiso delle mosche!

Più tardi passava ‘a carrètte ‘a mennèzze. Con l’aiuto di palette e secchi altri spazzini trasferivano sul carretto tutto il pattume che poi andava nelle discariche per la gioia dei garzoni che vi portavano i porci a pascolare. Tutto ecologico, senza plastica e polistirolo, il composto diventava concime per gli orti.

Gli Alleati che occupavano Manfredonia, istituirono durante la loro permanenza fino al 1945, dei punti di raccolta con enormi fusti metallici rossi numerati. Imparammo che l’immondizia andava conferita là dentro e non buttata per strada.

Dopo tanti anni le nuove leve buttano bottiglie vuote di vetro e di plastica, cartacce, e di tutto e di più nei vialetti della villa comunale, nel fossato del Castello, nonostante la presenza di appositi raccoglitori, per far capire ai pochi turisti che noi siamo un popolo progredito. Puah!

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