Zöche

Zöche s.f. = Corda, fune

Qualsiasi corda dai Manfredoniani terragni è chiamata zöche.

Faccio degli esempi:
quella utilizzata dalle massaie per stendere il bucato:
quella usata, legata al secchio, per attingere l’acqua dal pozzo;
quella adoperata per suonare le campane della chiesa;
quella impiegata nei giochi fanciulleschi (salto, altalena, tiro alla fune, ecc.)
quella in uso nello sport (salto, alpinismo, sci d’acqua)
quella (brrrr) utilizzata dai suicidi o anticamente per la tortura o per giustiziare i condannati all’impiccagione.

Diminutivo: zuculèlle  s.f. =  cordicella, funicella.  A volte, quasi a indicare uno spago, un laccio si usa il maschile zuculìlle.

Memorabile la frase pronunciata da un tizio che si sforzava di parlare in italiano, quando narrava della sua partenza per Milano, con la “bbalicia attaccata con la zoca”…

In marineria invece si usa un linguaggio più articolato, appropriato allo spessore della corda: sagola, cima, gomena. Non sentirete mai un marinaio usare zöche o peggio còrde.

Trascrivo a proposito di zöche,  quanto ho recentemente letto in rete sui termini spagnoli entrati nei  dialetti meridionali:
«Ebbene, anche il termine “zoca” proviene dallo spagnolo “soga”, con lo stesso significato di “corda, fune”. Si noti questo proverbio identico in spagnolo e italiano: “No se ha de mentar la soga en casa del ahorcado” = “Non si deve nominare la corda in casa dell’impiccato”.»

 

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