Tag: sostantivo femminile

Scrüme

Scrüme s.f. = Scriminatura, riga

Linea di spartizione dei capelli.
È la linea che divide le ciocche dei capelli orientandole in due direzioni diverse.

Pòrte sèmbe a scrüme a dritte = Mi pettino sempre con la scriminatura a destra.

Gli uomini del ‘900 usavano pettinarsi con la scriminatura rigorosamente al sommo del capo (‘a scüme a mìzze). I capelli impiastricciati di brillantina (a olio o a pomata) e apparivano rigorosamente lucidi e attaccati ai due lati del cranio, a prova di vento.

I ragazzi dagli anni ’80 nostra epoca hanno usato la gommina, un gel per capelli, con lo stesso effetto “bagnato” ma col vantaggio di non ungere, salvaguardando dall’unto i colletti, le sciarpe e  i guanciali.

Anche questo sostantivo ha diretta derivazione dal latino discrimen = separare, dividere.

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Avedènze

Avedènze s.f. = Retta, udienza, ascolto, credito

Ber brevità a volte viene pronunciata adènze più aderente al latino audentiam da cui sicuramente deriva.

Infatti nel Sud Italia, con tutte le sua varianti e inflessioni (adenze, arenze, addenza, addenzia) si diffuse la locuzione  audentiam orationi facio, ovvero “gestire l’attenzione degli uditori a un discorso”, dalla quale si pensa derivi nel suo senso principale di attenzione.

Generalmente si usa nella locuzione negativa nen dé avedènze = non dar retta, non dar ascolto.

Nota linguistica.
Voglio evidenziare una particolarità del nostro dialetto: nel coniugare un verbo all’imperativo negativo, si usa una costruzione molto particolare. Cioè si usa la negazione + il verbo al participio passato.

FORMA POSITIVA FORMA NEGATIVO
Parle = parla nen parlanne =non parlare
Mange = mangia nen mangianne = non mangiare
Dà avedènze = dai retta nen danne avedènze = Non dar retta

Insomma quel non parlanne, alla lettera si tradurrebbe «non (essere) parlante» Infatti i Baresi dicono nen si parlanne.

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Pagghjòsche

 

Pagghjosche s.f. = pagliuzza, nullità, esiguità, inezia,

Si tratta di un materiale di scarto nella lavorazione dei cereali: praticamente lo stelo sminuzzato del frumento eliminato dopo la trebbiatura.

Viene usato nella locuzione pegghjé pagghjosche (prendere pagliuzze), che significa raccogliere o ricavare un bel nulla.

A volte figuratamente il termine è utilizzato per descrivere una persona di scarso valore culturale, economico, morale. Per questo i vicini Cerignolani usano il termine pagghiouse, ossia uomo di paglia, senza valore, uomo da poco, una nullità, inaffidabile.

Apprjisse a códde crestjéne nen ce pöte pegghjé pagghjòsche = Su quella persona non si può fare alcun affidamento.

A volte assume un senso di incertezza, di timore:
Ne nzàcce che pagghjòsche agghja pegghjé…= Non so quale decisione devo prendere. Come faccio a uscire da queste difficoltà?

 

 

Il lettore Silvio Simone Pellico suggerisce: «È un modo di dire che indica chi non ha raccolto nulla /ottenuto nulla / concluso nulla. A pagghiòsche è un materiale di scarso valore , ecco perché viene associato a chi non ha concluso o ottenuto nulla . Si usa dire anche nen dicènne pagghiòsche , cioè non dire fesserie.»

 

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Botte

Botte s.f. = colpo

Questo sostantivo possiede una miriade di sfaccettature. Dargli un significato univoco è molto riduttivo.
Infatti ne ho trovato alcuni, grazie alla fattiva collaborazione dell’amico Matteo Borgia, provo a elencarli qui di seguito.

*Bòtte1 = Colpa
Dé ‘a bòtte =dare la colpa.
Ci’ho pegghjéte a bòtte pe salvé u fígghje = si è addossata la colpa per salvare il figlio).

*Bòtte2 = Colpo, anche in senso figurato
Ho ‘vüte ‘na bòtte de sìnze = ha avuto un mancamento, oppure ha
perso il controllo dei sensi o della ragione.
Ho ‘vüte ‘na bòtte de cüle = ha avuto un colpo di culo, nel senso
di fortuna.

*Botte3 = Segno, ferita, cicatrice, livido, oppure operazione svolta rapidamente (in un
colpo, in un tempo breve)
‘Na bòtte de pennìlle = un segno lasciato dal pennello, oppure
una rapida rinfrescata ai muri.
‘Na bòtte de rasüle = un segno lasciato dal rasoio sul viso o
anche una sbarbata veloce.
‘Ho bbušchéte nu cazzòtte sòtte a l’ùcchje,  jì rumàste (anche jì
rumése) a bòtte
  = ha preso un pugno sotto l’occhio, è restato il
livido.

*Botte 4 = Entità piccola o frazionata
Na bòtte e ‘na bòtte  = un po’ e un po’
A botte a botte = lavoro svolto in maniera discontinua o imprecisa.

*Botte 5 = Attimo
Sìnde ‘na bòtte, mandìne na bòtte, aspìtte na bòtte = ascolta un
attimo, mantieni un po’, aspetta un attimo, ecc.)

*Botte 6 = Colpo, in senso materiale
Ho déte ‘na bòtte mbàcce ‘u müre = ha dato un colpo sul muro.
L’ho cciacchéte a bòtte de martìlle = l’ha schiacciato a colpi di
martello.
Se nge vìne mò, te pìgghje a bòtte de battepànne = Se non vieni
adesso, ti prendo a colpi di battipanni).

*Botte7 = Rumore
C’jí sendüte ‘na bòtte ca mànghe i calecàsse alla fèsta Madònne
= si è sentito un rumore (talmente forte) che neanche i mortaretti della festa Madonna avrebbero avuto un effetto così dirompente.
‘Na volte ce vennèvene trik-trak e botte a müre = Una volta si vendevano petardi a miccia e botti a muro (bastava scaraventarli con forza contro una parete per ottenere la deflagrazione).

*BotteAtto sessuale consumato velocemente
Mudù decètte alla cumbagne ca se jöve fiurére, l’avrüje déte ‘nu fiore, ma seccöme jöve sparapìzze dumannatte se la putöve dé ‘na botta = Mudù disse alla sua amica che se fosse stato un fioraio le avrebbe dato un fiore, ma siccome era pirotecnico le chiese se poteva “darle una botta” (per evitare il doppio senso avrebbe dovuto dire se poteva “donarle un botto”)

Ho già trattato a parte:

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Tarande

Tarande s.f. = ragno (delle case)

Da non confondere con la tarantola, ragno peloso e dal morso velenoso.

Come tutti i ragni produce la sua brava tela per catturare insetti di cui si ciba.

Si tratta di un ragno domestico (Tegenaria parietina) assolutamente innocuo per l’uomo a dispetto delle sue allarmanti dimensioni. Difatti l’insetto può sviluppare le zampe fino a 9 cm per lato, fuori dal corpo.

Esiste una specie che vive nei campi (Tegenaria agrestis) da cui bisogna guardarsi perché il suo morso, per quanto non mortale, causa nell’uomo spasmi e stati dolorosi.. Viene detta localmente taranda pizzecagnöle (ragno atto a pizzicare).

Invito i maggiorenni a leggere una burla a proposito della taranda pizzecagnöle cliccando qui.

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Pasque

Pasque sf= Pasqua di resurrezione

La Pasqua è una Festa mobile (non come il Natale che da secoli ricorre in una data fissa), perché secondo la tradizione ebraica, la Pasqua da essi festeggiata ricorda il “passaggio” dalla schiavitù d’Egitto alla libertà del Popolo di Israele per mano di Mosè.

Questa data coincide con il primo sabato dopo la luna piena di primavera. Gesù ha festeggiato con i suoi apostoli la Cena di Pasqua, ricordando proprio l’impresa di Mosè. Subito dopo fu catturato ed ucciso.

La Pasqua cristiana è detta appunto «Pasqua di Resurrezione», coincidendo spesso, secondo il calendario, con quella ebraica, perché cade la prima domenica dopo il plenilunio di primavera.

La tradizione popolare del nostro territorio dava all’Epifania (6 gennaio, manifestazione del Signore) l’epiteto di «Pasqua Epifania» (‘a Pasqua Bufanüje).

In altre parti d’Italia riconosceva la Pentecoste (50 giorni dopo Pasqua, ossia la discesa dello Spirito Santo sopra gli Apostoli sotto forma di fiammelle) col nome di «Pasqua delle rose». Il nome deriva dai petali di rosa che si lasciavano cadere sopra i fedeli dall’alto delle chiese, a simboleggiare le divine fiammelle.

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Rózzene

Rózzene s.f. = Ruggine, ossido

Deriva dal latino aerūgo -gĭnis, propriammente nel significato di: dare origine.

L’ossido si crea quando il ferro è a contatto con l’ossigeno, sia quello dell’aria, sia quello dell’acqua.

Difatti i natanti con lo scafo metallico sono protetti da strati di vernici al minio (antiruggine) per evitarne il contatto con l’acqua marina.

Una nostra locuzione descrive l’avaro come chi sté attacchéte alla rózzene = sta attaccato alla (maniera della) ruggine, nel senso che è radicato ai suoi beni da cui non vuole staccarsi.

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Menuzzagghje

Menuzzagghje s.f. = minuzzaglia

Il nome collettivo minuzzaglia generalmente ha valenza dispregiativa, e descrive una quantità di frammenti, frantumi, minuzzoli di sostanze omogenee o anche eterogenee.

Nel primo caso (omogenee) sono frantumi di una stessa sostanza. Cito ad esempio i frammenti di maccheroni misti, talvolta usati come “pasta corta” nei piatti a base di legumi.

Nel secondo caso (eterogenee) si tratta di minutaglia di sostanze diverse. Vi presento il mio banco da lavoro, sul quale un recipiente contiene ammassati: viti a legno di tutte le misure, dadi e perni, chiodi, puntine da disegno, graffette, fisher, rondelle, punti per cucitrici, guarnizioni, fil di ferro, connettori elettrici, mammut, tubetto semi essiccato di Attak, una lampadina dell’albero di Natale, una matassina di stagno per saldature, ecc.. Un ammasso indescrivibile nel quale però riesco sempre a trovare qualcosa che mi necessita in quel momento.

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Mantöche

Mantöche s.f. = Manteca, burrino, butirro.


Accettabile anche la pronuncia mandöche.
Mi viene in aiuto il solito Treccani:

«Nome regionale di piccole forme di cacio tenero (pasta di scamorza) tipiche della Puglia, della Basilicata e della Calabria con un globo di burro posto al centro, chiamate anche con altri nomi (ad esempio burrino, e butirro silano).

Aggiungo che è un latticinio di antichissima origine, e che “manteca” in spagnolo significa semplicemente “burro”. Era un modo di conservarlo prima dell’avvento dei frigoriferi. La pasta della scamorza poteva anche asciugarsi e indurirsi ma il burro interno si conservava a lungo grazie all’assenza di aria. Un sottovuoto naturale.

È poco commercializzato perché tutti cerchiamo, per motivi dietetici, di allontanare il burro dalle nostre abitudini alimentari.

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Capetògne

Capetògne s.f. = Capriola, capitombolo

Accettabili le versioni capetonne o chépetonne.

Definizione della Treccani:
«Salto che si fa mettendo le mani o il capo a terra, slanciando le gambe in aria e rovesciandosi su sé stessi» 

I bambini la fanno per divertire se stessi; i clown le fanno multiple nei circhi per divertire gli altri.

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