Scöpe

Scöpe s.f. = Scopa

Fino all’avvento della plastica, le scope erano assolutamente fatte con vegetali ed esistevano due tipi:

1) Scöpe-felìnje fatta con le infiorescenze delle canne di palude opportunamente intrecciate.
Si innestava ad un manico di legno (‘a mazze) per spazzare di fino i pavimenti, oppure in cima ad una lunga canna per raggiungere il soffitto a togliere eventuali ragnatele.

Morbida, flessibile, raggiungeva gli angoli più remoti da pulire.

2) – Scöpe de sciónghe fatta con giunchi di palude. Era dura, adatta ad un pavimento di basole o per l’esterno delle casi di campagna. Anche questa scopa si innestava alla mazza.

A confezionare queste scope, e anche canestri e cesti di giunchi palustri, si dedicavano due simpatiche vecchiette in un vano a piano terra di Corso Manfredi, di fronte al portone di Grieco e dell’antico Bar “Giannino Gatta” (non so l’attuale nome del bar).

Negli anni ’50 sono arrivate le scope di saggina, messe in commercio con tutto il manico, con le setole lunghe oltre 20 cm, di lunga durata.

L’avvento della plastica ha “spazzato” via tutti questi prodotti.

L’aspirapolvere li ha passati definitivamente nel dimenticatoio.

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