Éme 

Éme s.m. = Amo
Piccolo gancio d’acciaio, con punta ad ancora, usato per la pesca appeso alla lenza e con un esca per attrarre i pesci.

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Ecrù

Ecrù agg = Tessuto grezzo.

Crudo, greggio, specialmente riferito a stoffa non ancora colorata, che trova impiego tel-quel (altro francesismo di cui è infarcito il nostro dialetto) in lavori di sartoria.

Deriva dal francese écru (pronuncia ecrü)

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Éche 

Éche  s.m. = ago.
Ago in genere, da quello sottilissimo usato dalle ricamatrici a quello grossissimo detto saccuréle.

L’éche saccuréle = ago da materassaio usato principalmente per impuntare i materassi e le coperte di lana (Cupèrta ‘mbuttüte) o anche i pagliericci di fieno.

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Ebbröje

Ebbröje s.m. = Ebreo

Nativo dello Stato ebraico di Israele.

Senza essere tacciato di antisemitismo, riferisco che il termine da noi ha assunto una valenza negativa.

Per antica tradizione gli Israeliti praticavano il maneggio del denaro ed avevano molta dimestichezza con l’Economia della loro Nazione e di quella personale.

Per secoli erano dediti alla concessione di crediti a privati, e anche agli Stati europei impegnati in interminabili guerre.

Insomma si sono fatti la nomea, a volte giustificata, a volte no, di usurai senza scrupoli anche verso i propri familiari.

Quando qualcuno non ha compassione di nulla e di nessuno si dice ca töne ‘u cöre de l’Ebbröje = che ha il cuore dell’Ebreo, che è del tutto insensibile ai sentimenti, ma è decisamente indirizzato solo ai suoi affari economici.

Al plurale dovrebbe essere Ebbrüje…ma veramente non l’ho mai sentito pronunciare. Anche al plurale evidentemente si può dire allo stesso modo del singolare.

Comunque sono tutti luoghi comuni, perché sotto molti aspetti gli Ebrei sono da ammirare in quanto a solidarietà, intraprendenza, e laboriosità. Ovviamente gli stronzi stanno ovunque, anche fra gli Ebrei, i Pugliesi, i Tedeschi, i Giapponesi, ecc. ecc.

Sinonimo: Giudöje Giudeo.

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E dìlle candànne!

E dìlle candànne! loc.id. = Sii esplicito

E dillo cantando (il fatto)!

Non c’è bisogno di avere una bella voce: qui non si tratta di cantare…

La locuzione suggerisce di non far ricorso a sotterfugi o a perifrasi.

Quello che devi dichiarare o chiedere, esponilo chiaramente!

Sènza ca féje tanta giüre: e dìlle candanne! = Senza che fai tanti giri (di parole): ma parla chiaro!

Tjine ‘stu sorte de ruspe: e dille candanne! = Hai questo grande cruccio: confidati, esponi le tue reali intenzioni!

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E che jà jèsse, de fjirre? 

E che jà jèsse, de fjirre? loc.id. = E che, debbo essere di ferro?
Ammessa anche la versione: e che, àgghja jèsse de fjirre?

Questa esclamazione è ricorrente quando si esprime il limite della condizione umana di fronte ad eventi ritenuti insormontabili.

Un esempio: quando ci si trova davanti ad un lavoro immane: E che jà jèsse, de fjirre? = E che sono fatto di ferro? Come potrò mai affrontare questa fatica?

Un modo divertente è capitato di recente.
Una persona si è imbattuta assieme ai suoi amici in una vistosissima ragazza procace, con le curve al punto giusto e tutto il resto ben evidente: e che jà jèsse, de fjirre? = io sono fatto di carne, in questa stagione con gli ormoni galoppanti: come faccio a resistere di fronte a tale prorompente sex-appeal? La cosa potrebbe riuscire solamente se io fossi fatto di ferro, cioè di materia inanimata e resistente e temprata…Ma io sono fatto di carne, e la carne è debole!

Mirabile sintesi del dialetto: poche parole hanno espresso magistralmente tutto il pensiero che voi pazientemente avete letto dopo il segno =!

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Dušké 

Dušké v.intr. = Dolere, bruciare

Avvertire dolore bruciante, specie da ferita, lancinante.

Me so’azzuppéte! Me dóške de chjó ‘u spìrete ca m’a mìsse e no la botte che àgghje pegghjéte = Mi sono ferito! Mi duole più l’alcol che ho usato per disinfettare che il colpo che ho preso.

Il verbo dušké deriva dal latino de+ustulare = bruciando bruciante.

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Dïce paröle

Dïce paröle loc.id. = Rimproverare, sgridare, redarguire, rimbrottare.

Alla lettera la nostra simpatica locuzione significa: “dire parole” (di rimprovero, non d’amore…)

Nen faciüme tarde, ca se no mamma ce dïce paröle! = Non tardiamo a rincasare, altrimenti la mamma ci sgrida!

Meh, nen me decènne paröle, ma n’ata pezzéte de pìzze la vògghje… = Beh, non sgridarmi, ma un altro pezzo i focaccia la mangio volentieri…

 

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Döpe-mangéte

Döpe-mangéte locuz.id. = Dopo pranzo, pomeriggio

Parte pomeridiana della giornata fino alla sera.

Alla lettera significa dopo (aver) mangiato.

I Latini dicevano post-prandium = dopo il pranzo o post-meridies= dopo il mezzogiorno.

Qualcuno dice döpe-mangéte (o anche döpe-mangéje = dopo il mangiare) per non confonderlo con il termine locale jògge.

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Djitjille 

Djitjille s.m. = Mignolo

Significato letterale: ditino, dito piccolo.

Oltre al dito mignolo, questo termnine designa anche il 5° dito del piede.

‘A scarpe m’ho muzzechéte ‘u djitjille = La scarpa mi ha arrossato il 5° dito del piede

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