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Ruzzelé ‘u prüse

Ruzzelé ‘u prüse loc.id. = Rivoltare il cantero.

Ho già spiegato che cos’è ‘u prüse e che significa ruzzelé (click sulle parole).

La locuzione vuol mettere in guardia dallo sviscerare certi argomenti che sarebbe stato meglio non toccare perché scomodi sia per chi parla, sia per chi ascolta.

Infatti è sottintesa la seconda parte del Detto: chjó ce ruzzelöje ‘u prüse e chjó ce sènde ‘u fjite = più si rimesta il cantero, e più si sente la puzza.

Insomma sarebbe meglio “metterci una pietra sopra” o “stendere un velo pietoso sull’argomento” come figuratamente si dice in lingua italiana.

Ringrazio Amilcare per il prezioso suggerimento.

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Ruzzelé alla casére

Ruzzelé alla casére loc.id. = Ritornare a bomba, in argomento, riproporre un progetto bocciato.

Era detto come rimprovero quando qlcu, facendo il finto tonto, ritornava su un’argomentazione, e/o a riformulare richieste che dovevano essere già state sviscerate e concluse da tempo.

E rùzzele alla casére! = E ritorni sempre alla caciaia (formaggiaia, deposito dei formaggi)!. Come per dire: “ma tu sempre qui stai”? Il termine casére è un “prestito linguistico” proveniente dall’Abruzzo.

Il discorso è un traslato e si riferisce ai cani dei pastori abruzzesi, che tassativamente dovevano stare alla larga dal formaggio, perché questo era destinato alla stagionatura e alla vendita.

Ogni volta che si avvicinavano al deposito i poveri cani erano scacciati a pietrate dai pastori! Tuttavia le bestiole, inebriate dall’odore del cacio, irrimediabilmente, dopo un ampio giro in circolo, vi ritornavano sperando di riceverne un pezzo.

Nulla mi vieta di pensare che la locuzione sia proprio di origine abruzzese, visto la simbiosi fra l’Abruzzo e la Puglia, dovuta alla secolare transumanza (pastorizia trasmigrante) fra queste due Regioni che apportò scambi linguistici, culturali, gastronomici, ecc.

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Ruzzjille

Ruzzjille s.m. = Cerchio

Striscia metallica o di legno curvata a O, usata un tempo dai bambini come gioco. Lo si spingeva facendolo scorrere sul piano stradale, e lo si accompagnava con un’asticella, anch’essa di metallo.

L’ideale era un vecchio cerchione di bicicletta privo di raggi e copertone.

‘I ruzzjille sono anche le rotelline del monopattino, del passeggino, della borsa della spesa delle nostre nonne, del supporto della cucina a gas per renderla facilmente spostabile, ecc.

Tènghe ‘na balügge p’i ruzzjille = Ho un comodo trolley [alla lettera: ho due valigie con le rotelle (di scorrimento)].

Figuratamente il termine era incluso volgarmente in una frase minacciosa, ponendo a contatto di punta gli indici e i pollici delle due mani aperte e mostrandone i dorsi: t’agghja fé tande ‘u ruzzjille! = Ti devo fare tanto così il cerchio = Ti faccio un culo così! (scusate, io non sono volgare di natura, ma il linguaggio gestuale è questo e va spiegato…)

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Santìlle

Santìlle s.m. = Santino

Riporto testualmente la definizione essenziale della Treccani:
«Piccolo cartoncino rettangolare stampato, che su un lato riproduce la figura di un santo o altro soggetto sacro, e sull’altro reca una preghiera o formula di invocazione»

La foto riproduce una immagine a noi molto cara.

In lingua italiana è passata la voce “santino” anche per designare l’immagine che i candidati politici-amministrativi producono di sé per la campagna elettorale.

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