Tag: verbo intransitivo

Mettìrece

Mettìrece v.i.= 1 – mettersi, porsi, affacciarsi, collocarsi, indossare, ecc.// 2 – cognominarsi

Oltre ai significati più familiari (mettìrece a chjange = mettersi a piangere; mettìrece alla fenèstre =affacciarsi alla finestra; mettìrece ‘na cravatte = indossare una cravatta), in italiano esiste raro un verbo transitivo, cioè “cognominare” (dare un cognome), tale e quale al latino cognominare, qui usato in forma riflessiva.

Un modo curioso di nominare il proprio cognome, nel nostro dialetto, è sempre stato quello di usare il verbo mettìrece.
Giuanne ce mètte Valènte = Giovanni fa di cognome Valente (forma antiquata: si cognomina)

Con una circonlocuzione si può anche dire, forse in modo più comprensibile ai non avvezzi:
Giuanne jì ‘nu fìgghje de quìddi Valènte. = Giovanni è un figlio di quei Valente. O anche:
Giuanne appartine a quiddi Valènte = Giovanni appartiene a quei Valente.

Ecco un altro esempio colloquiale:
Cüme te chjéme? = Come ti chiami?
Giuanne = Giovanni
-E cüme te mìtte? = E di cognome?
-Me mètte Valènte.= Valente.

Con riferimento al linguaggio militaresco o anagrafico, nella richiesta di dati personali, è usato un modo burocratico che scavalca l’antico mettìrece con un’unica domanda:
damme nöme e chegnöme = dammi nome e cognome.

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Sciulé (o sciuvelé)

Sciulé (o sciuvelé) v.i.= scivolare, sdrucciolare

Il verbo sciuvelé, derivato dall’italiano scivolare, per comodità spesso viene pronunciato sciulé, e significa scorrere, slittare agevolmente su una superficie liscia e uniforme.

Si può scivolare sulla fanghiglia, sullo strato di ghiaccio che d’inverno copre le strade di montagna, o su certe alghe che crescono su taluni scogli affioranti e nei pressi di sorgenti di acqua salmastra.

Se si tratta di persone, o di veicoli lo scivolone può causare seri danni e lesioni.
Se si tratta di slitte, pattini da ghiaccio, bob o sci da neve lo scorrimento è ben accetto!
Se si tratta di giochi (acquapark, parco giochi) è addirittura cercato.

Da questo verbo deriva l’aggettivo sciuvelènte o sciulènte, cioè scivoloso, sdrucciolevole, come può essere un sentiero in salita.

Se si tratta di “due” spaghetti sciulente-sciulènte ve li raccomando caldamente, perché sono preparati al momento, quasi a sorpresa, conditi con aglio, olio e peperoncino, o con sugo lento, senza formaggio, a conclusione di una serata invernale in casa fra amici.

E mò, stàteve attìnte angöre scìuléte = Ed ora state attenti a non scivolare!

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Screscendàrece

Screscendàrece v.i. = Lievitare oltre misura

Verbo riferito all’impasto del pane che, non infornato al tempo giusto, per effetto dell’azione continua del lievito, cresce oltre misura.
Se si cuoce una pasta screscendéte (aggettivo) il pane, al contrario di quello azzimo, può risultare troppo alto e probabilmente di sapore alterato.

Il verbo deriva dal latino extra-criscitare dal significato intuibile.

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Ngrugné

Ngrugné v.i. = Ingrugnire,

Mettere il grugno, immusonirsi; essere di malumore.

Il verbo è desueto, ed è usato solo in un proverbio che mette in guardia dalle bizzarrie meteo del “pazzerello” Marzo (clicca).


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Ngreddàrece

Ngreddàrece v.intr. = Indirizzirsi, prendere freddo

Un verbo che viene usato ormai solo dagli anziani, perché sta andando in disuso, come il sinonimo chjetràrece, soppiantato dal più sbrigativo gelàrece,

C’è un secondo significato. Il verbo transitivo ngreddé ad uso dei cacciatori per indicare l’atto di sollevare il cane (percussore) prima di premere il grilletto dello schioppo.
Allora le armi da fuoco, compresi i fucili da caccia, non erano automatiche, e bisognava, prima di sparare, sollevare manualmente il percussore.
Penso che proprio il grilletto abbia dato il nome al meccanismo grilletto-cane e al verbo ngreddé che corrisponde al verbo ingrillare ormai in disuso (cfr. Grande Dizionario della lingua italiana)

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Adduré

Adduré v.intr. e v.tr.= Odorare, emanare un buon profumo, annusare

Nella forma intransitiva assume il significato di olezzare, emanare odore, effondere fragranza.
Quant’addöre ‘a rìnje du Garghéne! = Quanto profuma l’origano del Gargano!

Invece nella forma transitiva significa annusare, percepire un aroma, un odore, aspirare la fragranza.
Addure ‘stu tabbacche, Te piéce? = Annusa questo tabacco. Ti piace?

Proverbio:
Se l’addure ‘ngüle föte püre jìsse = Se gli annusi il culo, puzza anche lui.

È una constatazione della nostra condizione umana. Molti personaggi si ritengono superiori agli altri per carica o ruolo sociale. Anche loro sono uomini, con i propri errori, stranezze e contraddizioni, non esenti dalle miserie umane, fisiche e intellettuali.

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Ammussàrece

Ammussàrece v.intr. = Imbronciarsi, impermalirsi, offendersi.

Capita spesso che dopo un diverbio, anche per futili motivi, due persone rimangano imbronciate, inalberate, ognuna ostinata nelle proprie ragioni. Magari per un periodo più o meno lungo si tolgono anche il saluto!
Deriva da musse = muso, nel senso di viso crucciato, broncio.

Cum’ì ca nen vöde cchjó a Mattöje? Sté ammusséte pe tè? = Com’è che non vedo più Matteo? È imbronciato con te?
Sì, sté ammusséte… amme fatte ‘na chjacchjarélle..(<-clicca). = Sì, si è offeso: abbiamo avuto una discussione, un piccolo diverbio…

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Arruffianàrece

Arruffianàrece v.i. = arruffianare, arruffianarsi

Comportarsi in modo servile per ingraziarsi qualcuno per il proprio tornaconto.

Questo atteggiamento è molto diffuso in ambito politico o lavorativo perché volto a propiziarsi un qualsivoglia vantaggio (di carriera, di remunerazione, di privilegi, ecc.).

Insomma una autentica captatio benevolentiæ, ossia il catturare la condiscendenza altrui, aggiungerei con ogni mezzo, lecito e illecito.

È usata anche la locuzione tenì accurdéte. = concedere regalia, o anche il Detto jónge l’asse ca la röte aggiüre = ungi l’asse (del carretto) così la ruota gira (più facilmente).
L’elargizione può essere occasionale o continuativa commisurata al valore o alla cadenza con cui si spera di ottenere la facilitazione.

In questo caso i Latini dicevano do ut des = io do affinché tu dia. Insomma quell’inciucio che i Napoletani definiscono esplicitamente con “io te dongo ‘na cosa a te, tu me daje ‘na cosa a me

Mi viene in mente Renzo, quando aveva approntato i famosi quattro capponi per arruffianàrece (pe tenì accurdéte) l’avvocato Azzeccagarbugli.



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Affrangàrece

Affrangàrece v.i. = Esimersi, liberarsi.

Esimersi da un rischio, da un pericolo o da una responsabilità.
Esentarsi da un obbligo rinunciare ad una carica, svincolarsi da un impegno, scampare ad un pericolo, sfuggire ad una minaccia.

Il verbo deriva da franghe = franco, nel senso di libero.

Jogge jì male-tjimpe e me stéche a chése, acchessì me l’affranghe di assì p’a varche = oggi fa cattivo tempo e restoa casa, così mi scanso di uscire (in mare) con la barca.
Trùve ‘na scüse acchessì te l’affranghe = Trova una scusa così ti liberi (da quell’impegno non importante).
Usato anche in modo canzonatorio, come antifrasi: Nen ce vù venì alla feste? Te l’affranghe! = Non vuoi venire alla festa, peggio per te!



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Mbezzàrece

‘Mbezzàrece v.i. = infilarsi, inserirsi, introdursi.

Deriva chiaramente dallo spagnolo empezar = cominciare, iniziare.

(dice Google traduttore: Empezar = El momento que constituye el punto de partida. Comience a usar o consumir un producto = Il momento che costituisce il punto di partenza. Inizia a utilizzare o consumare un prodotto.)

Il verbo viene usato anche figuratamente, come ad esempio:

  • inserirsi nel campo lavorativo,
  • introdursi nel ramo della politica,
  • farsi accogliere dalla famiglia del/della futuro/a consorte,
  • immettersi nell’ambito studentesco, sportivo, artigianale, militare, ecc..

Il dott. Sandro Mondelli mi suggerisce un esempio calzante:
Mò c’jì ‘mpezzéte e völe fé ‘u mastre = Adesso ha iniziato e (già) vuol fare il maestro.
Troviamo spesso dei saputelli che, come diceva mio padre,  “ne devono mangiare di pane tosto”, ossia costoro hanno bisogno di fare una lunga esperienza prima di potersi affermare nel mestiere.


Nella forma transitiva ‘mbezzé significa conficcare, piantare un chiodo, un picchetto.

Il dott. Enzo Renato asserisce che ‘mpezzete (leggi mbezzéte) significa: che gli son spuntate le penne. Il termine è mutuato dai nidiacei che mettono le punte, spuntoni, delle prime penne.

Ringrazio i due lettori sopra citati per il loro prezioso contributo, utilissimo alla stesura di questo articolo.

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