Autore: tonino

Calecasse

Calecasse s.m. = Carcassa   (←clicca),  bomba pirotecnica.

Il termine “calecasse” deriva dal greco antico “Kalkòs” che significa “rumore secco, forte”.   

Anticamente nel sec. XVII era una bomba incendiaria di ghisa lanciata con obici e mortai anche da navi da guerra.

Il nome (francese carcasse, inglese carcass  (←clicca)  si è tramandato in dialetto di generazione in generazione fino ai nostri giorni col suo significato originario di bomba.    In lingua italiana ha assunto anche un altro significato di carcame, carogna di animale, intelaiatura, ossatura.

Ai giorni nostri in dialetto designa una potente bomba-carta lanciata durante lo spettacolo pirotecnico.

Nel finale di una serata di giochi pirotecnici l’artificiere, ‘u sparapjizze (←clicca)=  di solito lancia tre calecasse, a intervallo di circa dieci secondi l’uno dall’altro, di potenza crescente. L’ultima potentissima deflagrazione annuncia agli astanti che lo spettacolo pirotecnico ha avuto termine.

Per estensione calecasse significa una stoccata, una battuta con un secondo significato, noto solo agli interlocutori presenti.

Nnüh! Ho menéte ‘nu calecàsse! = Oooh! Ha lanciato una botta!

Ringrazio Sator (Salvatore Rinaldi) per la precisa consulenza balistica.
Ringrazio altresì il prof.Michele Ciliberti per avermi fornito l’etimologia di questo sostantivo.

Leggete i commenti e le varie congetture formulate fino a quando non è saltato fuori l’etimo giusto.

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Calecàgne 

Calecàgne s.m. = Calcagno, tallone

In anatomia così è detto l’osso più voluminoso del tarso. Comunemente e per estensione del termine, così viene identificata tutta la parte posteriore del piede.

M’ho muzzechéte ‘a scarpe e me döle tutte ‘u calecagne
 = Mi ha ferito la scarpa (stretta) e ora mi duole tutto il tallone.

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Calé

Calé v.t. = Calare, tingere

1) Calé = calare. Far scendere lentamente, un oggetto sospeso; tramontare del sole; far capitolare le altrui convinzioni, riportare qualche dissidente alle proprie.

Uà calé = deve cambiare opinione, dovrà fare come penso io, capitolerà, non resisterà alla tentazione.

Figuratamente calé ‘a chépe = reclinare la testa significa: morire.

E mò möre Cìcce, uà vedì de chépe caléte! = Non è per ora che muore Ciccio, ne vedrà di teste reclinate!

Ossia vedrà morire tanta altra gente prima che muoia lui, notoriamente pellaccia dura

2) Calé = Tingere tessuti, indumenti.

Per la morte di un familiare si portava il lutto ristretto per anni.

Non tutti avevano la possibilità di comprare maglie, camicie e giacche nere. Allora si ricorreva alla tintura degli indumenti posseduti facendoli bollire in un pentolore assieme ad una polvere acquistata in astucci di castone nei negozi di merceria. Era prodotta dalla “Ditta Super Iride-Prato di Ruggero Benelli”, la stessa che fece la Cera Liù, il Super Faust al DDT.

Insomma i vestiti venivano ‘calati’ in acqua (come si dice in italiano calare la pasta) per la tintura.

Esistevano buste anche per altri colori. Si potevano calare ad es. camicie bianche e maglie chiare per farle diventare verde o arancione.

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Calcagnére

Calcagnére sopr.,  s.m. = Spronatore

Viene da calcagnare v.i. (ant.), dare di sprone, battere i calcagni sui fianchi del cavallo per incitarlo al galoppo.

 

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Lambasciöne

Lambasciöne s.m. = Muscaro

Pianta delle liliace (Muscaro comosum). I Botanici la chamano anche con il sinonimo Leopoldia comosum.

Lambasciöne (al plurale fa lambasciüne) probabilmente deriva dal tardo latino lambadionem.

In italiano si dovrebbe chiamare “Mùscaro” o “Cipollaccio selvatico”, ma ormai tutti lo conoscono con questo “nostro” nome regionale, entrato trionfalmente nel prestigioso Vocabolario Zingarelli.

Termine talora usato in modo spregiativo per indicare qlcn un po’ fessacchiotto. ‘Stu lambasciöne! = Questo sempliciotto!

Contesto vivacemente perché il “lampascione” ha un bulbo dalle proprietà straordinarie.

Molto apprezzato nella gastronomia pugliese, è ritenuto addirittura un potente afrodisiaco. I lambasciüne sono eccellenti lessati e conditi col olio e aceto, conservati sott’olio, fritti o in “tielle” con l’agnello o le verdure

Forse non tutti sanno che provoca anche dirompenti effetti indesiderati che…  sono nocivi per l’ambiente a causa degli abbondanti gas d’intestino. Roba da buco nell’ozono!

Nel Salento sono detti pampasciuni o in un italiano antico vampagioli. In Campania vampasciuolo.

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Calasciöne

Calasciöne s.m. = Calascione

Antico strumento musicale a corda, simile ad un liuto dal lungo manico e a tre sole corde, usato nel napoletano nel ‘700 assieme al mandolino.

Ma in dialetto, più che per indicare lo strumento, è usato questo sostantivo per descrivere, per indicare una persona goffa, un po’ allampanata.

Insomma è piaciuto il suono della parola (non dello strumento), un po’ come dire lambascione, o maccaröne, nel senso di fessachiotto.

Mò vöne Giuànne, assemegghje a ‘nu calasciöne = Ora arriva Giovanni. Sembra un spaventapasseri (non che il termine calasciöne significhi spaventapasseri, ma perché descrive la fugura allampanata e dinoccolata di Giovanni).

Ringrazio il lettore Salvatore Rinaldi per il suggerimento.

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Calèscìnne

Calèscìnne s.m. = Saliscendi

Sbarretta di ferro per chiudere porte e altri infissi, che si inserisce, mediante la rotazione della maniglia, nelle apposite feritoie o in apposite staffe. Si tratta di un termine tecnico, come (clicca →) zeremìnghe.

Credo che il termine derivi da calé e scènne = calare e scendere, e si dovrebbe dire “chéle-e-scìnne”. Io l’ho sentito proprio da un falegname pronunciata nel modo con cui l’ho riportato.

È chiamato generalmente anche ‘u ferrètte, almeno quello più semplice, con pomello, che si aziona a mano, senza maniglia, facendo scorrere l’asta, sia quella verso l’alto, sia quella verso il basso.

Con lo stesso termine calescìnne si designava un antico sistema per abbassare, secondo necessità, il lampadario a sospensione.
Il cavo elettrico passava, con un ingegnoso sistema di pulegge, attraverso un contrappeso che consentiva di calare il piatto luce all’altezza voluta.

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Zeremìnghe

Zeremìnghe s.m. = Chiavistello

È accettata anche la forma zeremìcchje.

Si tratta di un’asta metallica scorrevole, fissata verticalmente dietro l’anta di una porta, in modo che possa essere manovrata dall’interno.

In alto il chiavistello termina con un gancio piegato di 90° rispetto all’asse scorrevole.

Detto gancio, manovrato dal basso, si solleva e ruotando sul suo asse si inserisce in un occhiello piantato al soffitto in modo da tenere l’infisso nella posizione voluta (tutto aperto o tutto chiuso).

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Sfelé ‘a cröne

Sfelé ‘a cröne loc.id. =  Spazientirsi

Alla lettera la traduzione è;:Sfilare la corona

Questa locuzione significa spazientirsi ed elencare, enumerare, esporre in serie, come i grani del rosario, una sfilza di improperi, rimproveri, invettive, contestazioni verso qlcu, generalmente a voce alta.

Vüte quande mandènghe? Se me fé pèrde angöre ‘a pacjènze, mò accumènze a sfüle la cröne… = Vedi quanto mi trattengo? Se mi fa spazientire ulteriormente,  inizio ad elencargli una sfilza di improperi…

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Canté ‘u Calannàrje

Canté ‘u Calannàrje loc-id-. = Imprecare inveire

Ci sono due interpretazioni per due significati

Significato cattivo: Bestemmiare e imprecare contro tutti i Santi presenti nel Calendario. Assolutamente incivile.

Significato simpatico: Enumerare i misfatti e i difetti, veri e presunti, dell’interlocutore, magari taciuti a lungo per il quieto vivere. Ora Basta!
L’agghje cantéte ‘u calannarje Ce l’agghje dìtte quàtte ‘nde la fàcce!.

Di significato analogo: Sfelé ‘a cröne

e

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