Categoria: A

Acquaquagghjé

Acquaquagghjé v.t. = Concludere

Accettabile anche la versione “breve”  quaquagghjè.

Generalmente il verbo è coniugato in modo negativo, per significare l’incoerenza, l’azione sconclusionata di pasticcioni.

So’ trè jùrne ca ‘u pettöre sté mbacce a ‘sta chése e n’ho acquaquagghjéte angöre njinte! = Sono tre giorno che il tinteggiatore è intento a lavorare a questa (mia) casa ma non ha compiuto ancora nulla.

L’Avvuchéte remànde e remànde ma n’acquaquagghje mé njinde = L’Avvocato con fa altro che rimandare senza arrivare mai ad una conclusione.

Presumo che derivi dal mondo della pastorizia, ove quagghjé (cagliare) indica la laboriosa trasformazione del latte in ricotta, mozzarelle e formaggio.

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Acque ‘i sessanta passe (Purtè all’)

Acque ‘i sessanta passe (Purtè all’)  loc.id. = Causare un tracollo, mandare in rovina.
       
Alla lettera: portare qualcuno  all’acqua dei sessanta passi , cioè condurre qualcuno in mare aperto, profondo circa 100 metri.
Sicuramente è un’espressione di origine marinaresca.

Il lettore Sandro Mondelli mi suggerisce che nei Regno di Napoli e delle Due Sicilie il “passo d’arsenale di marina” era pari a m 1,75779. ‘espressione “passo” è antica, in quanto la misura venne abolita nel 1822.

“L’acque i sessanta passe” quindi era pari a m 105,4674, dunque un’acqua profonda.

Mio padre (classe 1901) diceva che per ottenere correttamente il passo (inteso come misura) bisognava portare avanti un piede, avanzare e portando avanti l’altro piede e quindi accostarli entrambi (unò-duè). Perciò il “passo” è la distanza percorsa in due step.  Quello che dice Sandro, cioè che il “passo” corrisponde a metri 1,75, è più che plausibile.

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Addaccé

Addaccé v.t. = Tagliuzzare, pestare, sminuzzare

Operazione specifica che si fa con un coltello su una fetta di lardo (fresco o salato)  per sminuzzarlo.
Anche colpire ripetutamente il lardo col taglio del coltello e ottenere il ‘battuto’ da soffriggere.
Le nostre bravissime nonne, che non avevano troppe cose nella dispensa, e nemmeno tanti soldi nel borsellino, riuscivano a ottenere con il lardo e la cipolla addaccéte soffritti in poco olio, un po’ di conserva di pomodoro, e un solo chiodo di garofano, un gustoso intingolo per condire le orecchiette, chiamato zucarjille = sughetto, o züche fìnde = sugo finto.
Finto, perché quello ‘vero’, a base di carne bovina (brascjöle) suina (savezìcchia frèške), e ovina (carne e òsse), si preparava solo nelle grandi occasioni.

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Addemuré

Addemuré  v.i. =  trattenersi, tardare, indugiare, fare tardi;

Etimologia: derivato dal latino demoror ; attraverso il francese demeurer  e lo spagnolo demorar .

La dominazione degli Angioini e dei Borboni ha lasciato una lunga traccia nel Sud Italia.

Lo stesso verbo è usato in Puglia, e Basilicata e perfino nel Catanzarese e in Sicilia.

Cum’jì ca Giuànne addemüre? = Come mai Giovanni ritarda?

N’addemuréte! = Non ritardate! Fate presto.

In Calabria e in Sicilia dicono ‘ddimuràri e addimurari.

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Addòbbje

Addobbje s.f. = Narcosi, anestesia

Il termine deriva dal latino, ad-opium.  In italiano antico si usava il sostantivo “alloppio” (chiaro riferimento all’oppio) per indicare il sonnifero.

Qualcuno la chiama ‘a ddobbje, come se la ‘a’ iniziale fosse l’articolo

Da addòbbje deriva il verbo addubbjé = narcotizzare, anestesizzare. verbi usati ovviamente negli interventi chirurgici, piccoli o grandi. 
Addubbjé ‘na parte = anestesia locale.
Addubbjé tutte quante = anestesia totale. 

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Adduré

Adduré v.intr. e v.tr.= Odorare, emanare un buon profumo, annusare

Nella forma intransitiva assume il significato di olezzare, emanare odore, effondere fragranza.
Quant’addöre ‘a rìnje du Garghéne! = Quanto profuma l’origano del Gargano!

Invece nella forma transitiva significa annusare, percepire un aroma, un odore, aspirare la fragranza.
Addure ‘stu tabbacche, Te piéce? = Annusa questo tabacco. Ti piace?

Proverbio:
Se l’addure ‘ngüle föte püre jìsse = Se gli annusi il culo, puzza anche lui.

È una constatazione della nostra condizione umana. Molti personaggi si ritengono superiori agli altri per carica o ruolo sociale. Anche loro sono uomini, con i propri errori, stranezze e contraddizioni, non esenti dalle miserie umane, fisiche e intellettuali.

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Adèrge

Adèrge v.t. = Ergere, alzare, rizzare, elevare

Verbo derivato dal latino ad-ergere con gli stesi significati attuali.

Ricordo che mia nonna, quando sollevava i materassi usava questo verbo.
Mò àmm’adèrge ‘u litte = Ora dobbiamo alzare il letto.

Ricordo che il letto di mia nonna era un monumento altissimo, sostenuto da 4 trespoli, vari tavoloni, 1 unico saccone con foglie di mais e infine 2  materassi di lana (velli tosati interi, detti mante) .

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Affaluppé

Affaluppé v.t. = Divorare, trangugiare

Divorare avidamente, ingurgitare un grosso quantitativo di cibo.
Accettabile la forma “breve” faluppé.

Spesso nel nostro dialetto i verbi hanno doppia forma, lunga e breve: lavé/allavé, liscé/alliscé, lurdé/allurdé, recrjàrece/arrecrjàrece, petté/appetté, ecc.)

Esiste la forma intransitiva pronominale affaluppàrece.

Apprüme nen vulöve mangé, e pò ci ò ‘ffaluppéte ‘nu piatte de ‘ndùrce e fasüle! = Prima non voleva mangiare, (ma) poi si è divorato un piatto di troccoli e fagioli!

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Affaréte

Affaréte agg. = indaffarato, affaccendato

L’aggettivo deriva direttamente dal francese affairé, ed è usato in gran parte della Daunia.
L’italiano “indaffarato” rende meglio l’idea della persona che ha sempre poco tempo da dedicare agli altri.
Fa tutto di fretta e sembra che le sue attenzioni siano rivolte ad eventi molto più importanti dello scambiare due chiacchiere con gli amici.

Si ritiene unico titolare del ruolo di salvatore del mondo, perché senza di lui tutto andrebbe in malora.

Viene un po’ deriso dai conoscenti che lo individuano senza nemmeno nominarlo:
Sté affaréte ‘na persöne! = Qualcuno è oltremodo affaccendato…



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Affrangàrece

Affrangàrece v.i. = Esimersi, liberarsi.

Esimersi da un rischio, da un pericolo o da una responsabilità.
Esentarsi da un obbligo rinunciare ad una carica, svincolarsi da un impegno, scampare ad un pericolo, sfuggire ad una minaccia.

Il verbo deriva da franghe = franco, nel senso di libero.

Jogge jì male-tjimpe e me stéche a chése, acchessì me l’affranghe di assì p’a varche = oggi fa cattivo tempo e restoa casa, così mi scanso di uscire (in mare) con la barca.
Trùve ‘na scüse acchessì te l’affranghe = Trova una scusa così ti liberi (da quell’impegno non importante).
Usato anche in modo canzonatorio, come antifrasi: Nen ce vù venì alla feste? Te l’affranghe! = Non vuoi venire alla festa, peggio per te!



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