Categoria: F

Fé a ‘n’öre de notte

Fé a ‘n’öre de notte loc. id. = Picchiare percuotere duramente qualcuno.

Alla lettera: fare ad un’ora di notte.
Fare che cosa? Un po’ enigmatica per i non nativi.

Non è di sicuro una locuzione avverbiale di tempo come suggerirebbe la grammatica… Non significa “agire ad una determinata ora notturna”.

In linguaggio figurato un’ora di notte equivale a buio pesto.
Ecco il nero dell’oscurità è paragonabile all’aspetto del soggetto massacrato di percosse, pieno di lividi, ferite ed ecchimosi.
Rendere irriconoscibile il contendente per le sberle, i calci, i pugni ecc. infertigli.

Il più delle volte, fortunatamente, la locuzione è pronunciata solo come una minaccia esplicita. Raramente, ammesso che si passi all’azione, si arriva a rendere così malconcio un contendente.

Se t’agghje ‘ngramme te fazze a ‘n’öre de notte! =
a) [forma breve] – Ti disintegro!
b) [forma estesa] – Se riuscissi ad afferrarti nelle mie grinfie, ti renderei irriconoscibile in conseguenza delle sevizie cui inevitabilmente e spietatamente sarai sottoposto, per colpa esclusiva delle tue esecrabili azioni.
(Mamma mia!)

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Fröca-pezzènte

Fröca-pezzènte s.m. = Vento gelido di tramontana.

È un modo semiserio di indicare il vento gelido di tramontana.

Alla lettera significa che è micidiale per i poveri mendicanti (i pezzenti, appunto, clicca qui) che, non avendo panni per coprirsi, sono esposti alle conseguenze nefasti della tramontana.

Scherzosamente è detto anche feleppüne.

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Fetècchje

Fetècchje s.f. =  Porcheria

Si usa questo termine, usato per lo più in marineria, per indicare robaccia, schifezze e altre sozzure che trovano nelle reti
salpate assieme ai pesci.

Il sostantivo può derivare da un accavallamento di fetenzia e schifezza…

Usato anche spregiativamente come aggettivo per biasimare e deplorare il comportamento di persona cattiva, vile, sleale.

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Fìgghje de putténe

Fìgghje de putténe inter. = Figlio di puttana.

Definizione indispettita, improperio lanciato verso qlcu che ha agito male nei confronti del parlante o della comunità.

‘Nu fugghje de putténe ho menéte ‘ndèrre ‘u péle d’a lüce! = Un mascalzone ha atterrato un palo della illuminazione pubblica.

Questa invettiva, pronunciata con durezza, è un’offesa abbastanza grave,  ma in taluni casi ha assunto una connotazione diversa.
Può essere pronunciata scherzosamente, allora la frase quasi affettuosa e ammirativa per la scaltrezza e l’abilità dimostrata dal soggetto cui l’epiteto è diretto.

Infatti  questi figli di madre ignota, vissuti in ambiente degradato, dovevano imparare presto a diventare scaltri, dinamici, e abituarsi a lottare contro la crudezza che la vita presenta giorno per giorno.
Ovviamente erano avvantaggiati rispetto agli altri figli “normali”, perché sapevano affrontare e risolvere qualsiasi difficoltà si fosse presentata ai loro occhi.

Ormai l’epiteto “Figlio di puttana”è comune in tutte le lingue:

Ricordo che fu la prima frase che i Manfredoniani impararono dagli Americani, con cui erano in contatto durante l’occupazione Alleata nell’ultima guerra, fu, in un inglese maccheronico:

Sàreme-a-bbìcce, ossia Son of a bitch = Figlio di una cagna (qui intesa come prostituta, abbreviato in letteratura con sob).

Ovviamente noi monelli non sapevamo il significato della definizione, ma la ripetevamo a sproposito, solo perché aveva un bel suono.

Rammento anche di aver letto il noto labiale di Maradona: Hijo de puta!

Variante: Fìgghje de frechéta ‘ngüle, o fìgghje de zòcchele  (anche nella forma breve  fìdezòcchele).

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Fé sèmbe l’úve a ddüje rósse

Fé sèmbe l’úve a ddüje rósse loc.id. = Essere gradasso, spaccone

Alla lettera: fare sempre l’uovo con due tuorli.

Una cosa possibile, ma piuttosto rara. Invece quando qualcuno si vanta di fare sempre cose mirabolanti bisogna diffidare.

C’è sempre qualcuno, in ogni cerchia di persone (al bar, tra amici, alla spiaggia,  al circolo, alla sede di un partito, in parrocchia, al dopolavoro, ecc.) che è esagerato in ogni suo racconto, quando parla di donne, di caccia, di pesca, di pranzi, di professionalità, di furbizia, di abilità al volante, di potatura degli ulivi, di preparazione del limoncello, ecc

Ovviamente parla in prima persona…. come per sottolineare “come me non c’è nessuno”, “io so’ io, e voi non siete un cà”, insomma una perona insopportabile.

Sinonimi (clicca→) Sbafandüse, (clicca→) Grannezzüse (clicca→) Vandasciotte

 

 

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Fé pedéte-pedéte

Fé pedéte-pedéte loc-id = Lasciare impronte o orme.

Era un rimprovero certo, lanciato dalle nostre mamme quando camminavamo per casa mentre lei stava lavando il pavimento, oppure quando d’inverno rincasavamo con le scarpe inzaccherate dalla pioggia.

Stéche lavànne ‘ndèrre, nen faciüte pedéte-pedéte! = Sto lavando il pavimento, non imbrattatelo con le vostre scarpe!

Stujàteve i pjite se no faciüte pedéte-pedéte! = Passate le scarpe sulla stuoia, altrimenti lasciate tante orme sul pavimento!

 

Se vogliamo fare una similitudine, ricordiamo i segni rilasciati con le mani, al significato n. 1 di ciambe-ciambe.

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Fé ‘ndröte ‘ndröte accüme ‘i funére

Fé ‘ndröte ‘ndröte accüme ‘i funére loc.id. = Regredire

Procedere all’indietro, come fanno i cordai = indietreggiare anziché avanzare.

È un modo di dire locale per indicare o constatare che le cose non vanno bene.

Ossia invece di progredire, com’è aspirazione di tutti (salute, benessere economico, ecc.), si va all’indietro, proprio come fa il fabbricante di funi nell’espletamento del suo lavoro.

Au poste di jì ‘nanze, faciüme ‘ndröte ‘ndröte accüme ‘i funére = Invece di fare progresso, andiamo all’indietro, come fanno i funére = cordai.

In italiano si dice “fare come i gamberi”, andare all’indietro, quindi peggiorare, regredire in generale.

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Fusüne

Fusüne s.f. = Anfora, giara

Grossa giara, quasi senza collo, dalla capacità di oltre 40 litri il cui nome deriva dal greco efesinon.

Usata come serbatoio domestico di acqua potabile.

Dotata di bocca larghissima per consentire di introdurre un secchiello per attingere l’acqua da bere o per la cucina, talora con manici appena accennati, e di coperchio di legno per evitare che vi entrassero accidentalmente delle impurità o della polvere.

La parte superiore era come una cupola, smaltata, e con un’apertura bordata. La parte inferiore, terracotta a vista, andava diminuendo di diametro fino alla base.

All’interno era smaltata di un bel color nocciola.

I bambini non potevano avvicinarsi troppo alla fusüne, perché c’era rischio di farla spaccare urtandola inavvertitamente con l’irruenza dei monelli vivaci.

Mi fa venire in mente il famoso divertente racconto di Pirandello “La Giara”, con  Don Lollò Zirafa e Zi’ Dima Licasi.

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Furnacèlle 

Furnacèlle s.f. = Fornacetta, barbecue

Contenitore metallico cilindrico a due piani, munito di due maniglie. 
Su quello superiore, bucherellato, o con aperture a griglia si ponevano i carboni a bruciare.
Sul piano inferiore, per caduta, si accumulava la cenere dei carboni man mano che si consumavano. 
Per consentirne lo svuotamento, la parete della fornacetta era dotata di una porticina della larghezza di una apposita paletta.
Per reggere un tegame o una padella,  sul bordo superiore erano incernierati tre occhielli di ferro a forma di goccia, che si potevano ribaltare verso l’esterno quando si caricava direttamente la graticola con gli alimenti da arrostire: carne, peperoni, seppie, sardine, baccalà, ecc..

Fatta a mano dai nostri bravi artigiani lattonieri. la furnacèlle era fissata a tre piedini di ferro ad asta, verticali, di altezza variabile.   Ora si trovano in commercio quelle prodotte delle industrie, rettangolari o quadrate. Pur assolvendo la stessa funzione, non hanno lo stesso fascino delle nostre

Per la grigliata  la furnacèlle veniva collocata dagli abitatori dei “sottani” sul marciapiede prospiciente l’uscio, per evitare troppi fumi per casa.

In compenso, per tutta la durata della cottura, essa spargeva  l’odore irresistibile delle sicce o degli sparrüne o dei pepedìnje  (seppie sparroni, o peperoni) per tutta la strada, gratificando abbondantemente i nasi fini…

Ho ricordo vivissimo di questi effluvi quando ragazzotto tornavo dalla spiaggia verso casa all’ora di pranzo,  e incrociavo lungo la strada due o tre furnacèlle che fumigavano deliziosamente, emanando dalla brace soavi fragranze di peperoni, o di agnello, o di cicale, o di sparroni, o di seppie arrosto! 

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Furmèlle

Furmèlle s.f.. = Bottone.

Piccolo oggetto di vario materiale, spec. a forma di dischetto, generalmente con fori al centro, che, cucito a un lembo di stoffa e inserito in un occhiello, serve a chiudere un indumento, un capo di biancheria (giacca, camicia, pantaloni, federe dei guanciali), e può essere usato anche solo come guarnizione.

Nei secoli passati li facevano di osso o di madreperla. Ora li fanno di plastica.

Quelle di qualità scadente erano usate come fiches nei giochi fanciulleschi (sottomuro).

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