Tag: sostantivo maschile

Calamére 

Calamére s.m. = Calamaio, calamaro

1) Calamére = Calamaio, contenitore di inchiostro. Serviva per intingervi il pennino per scrivere elegantemente, o la penna stilografica (non a cartucce) per aspirarne l’inchiostro.

2) Calamére = Calamaro (Loligo vulgaris): è un mollusco cefalopode dal corpo allungato a forma di cono, sul dorso in posizione laterale si trovano due grandi pinne che nell’insieme formano un rombo, la testa sporge dal mantello con gli occhi in posizione laterale e attorno alla bocca si trovano quattro paia di braccia ed un paio di tentacoli che si allargano all’estremità a formare la cosiddetta clava, ricca di ventose poste in quattro serie. La conchiglia è interna a forma di spadino. Il colore è rosa-violaceo, con punti più scuri bruno rossicci. Può raggiungere una misura di 30-40 cm è più comune attorno ai 15 cm.

Spesso il calamaro, molto più pregiato, viene confuso con il totano. Si può facilmente riconoscere osservando le pinne, nel calamaro coprono metà della lunghezza totale del mantello, nel totano si trovano inserite solo all’estremità inferiore

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Cainéte

Cainéte s.inv..

1) ‘U cainéte s.m. = Il cognato = Il fratello della moglie;
o il marito della sorella della moglie;
o il marito della propria sorella.

2) ‘A cainéte s.f. = La cognata = La sorella della moglie;
o la moglie del fratello della moglie;
o la moglie del proprio fratello.

Se si riferisce al proprio cognata o alla propria cognata di dice cainàteme = mio o mia cognato/a; se al/alla cognata di chi ascolta di dice cainàtete = tuo/a cognato/a.

Mi viene in mente uno sfottò verso la parlata dei Foggiani, che per questo sostantivo usano una pronuncia per noi strana, ossia cainüte.

È un dialogo captato a volo per strada a Foggia chissà quanti decenni fa, e ripetuto fino a miei giorni.

-Ce stüce o nun ce stüce?
-Nun ce stüce!
-E addò stüce?
-Stüce ‘a cüse ‘a cainüte.

Traduzione per i non avvezzi al dialetto foggiano: C’è (ci sta) o non c’è? Non c’è! E dov’è? È a casa della cognata.

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Cagnùle

Cagnùle s.m. = Cannello

Notoriamente quando per scrivere si usava il calamaio e la penna, questa si suddivideva il tre parti: ‘U pennüne, l’asteccjùle, e ‘u cagnùle = Il pennino, l’asticciola e il cannellino.

Quest’ultimo era fatto di latta come un piccolo tubicino. In uno dei due fori si inseriva la bacchettina di legno e dall’altro lato del tubicino, che era un po’ sagomato ad hoc, il peduncolo del pennino d’acciaio.

Con l’invenzione della penna a sfera è passato tutto all’antiquariato

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Caggéne 

Caggéne s.m. = Gabbiano

Uccello acquatico, con ali bianche bordate di nero, becco affusolato e zampe palmate, comunissimo in tutte le località di mare.

Il dim. è caggianjille = gabbianello

Dalla riva i bambini gridavano ai gabbiani, modulando due note (sol-sol, mi-mi): Alì, caggéne, ‘u pèsce a mére! = Attenzione, gabbiano, c’è un pesce a mare, proprio sotto di te!

Insomma indicavano ai volatili che nei paraggi c’era una preda, come se quelli fossero distratti.

Lo scopo dell’invito era di vederli in azione mentre si tuffavano. Erano convinti che, se loro non avessero gridato, i poveri animali sarebbero rimasti a pancia vuota…

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Sciacquapecciöne

Sciacquapecciöne s.m. = Brodaglia, sbobba

Brodo troppo acquoso, insipido, per niente invitante.

Quando qlcu si imbatte malauguratamente davanti a un piatto non troppo appetitoso, specie se brodoso, e senza formaggio, come accade quando si è ricoverati in uno di quegli ospedali di terza categoria, si confida con il/la suo/a vicino/a di letto: e che jì ‘stu sciacquapecciöne? = ma che è questo liquido? È buono, solo perché tiepido, a fare le abluzioni nelle parti intime.

Ringrazio Sator per il suo prezoso suggerimento (del termine, non di fare le abluzioni…).

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Sciuscjille

Sciuscjille s.m. = Pastone.

Impasto poco sodo di crusca e brodaglia, o pane vecchio ammollato nell’acqua di bollitura della pasta (sciòttele), dato come mangime alle galline allevate in casa.

Talvolta capitava che il capo famiglia, vedendo che la cena si presentava tutta brodosa e per niente di sostanza, dicesse:
e che ‘mma fé quà, u sciuscjille ‘i jallüne ? (E che dobbiamo fare qui, il pastone delle galline?).

Qualcuno più ruspante avrebbe detto: e che jì ‘stu sciacquapecciöne= E che cosa è questa sbobba?

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Caggellöne

Caggellöne s.m. e sopr. = Stia

È un accrescirivo di caggiöle = gabbietta.

Si tratta di un gabbione di legno, con tanto di porticina per far passare i pennuti, usato per allevare in casa le galline ovaiole.

Si poneva di mattina ‘u caggellöne,con tutte le galline, fuori dell’uscio della casa.

Spesso si liberavano le galline che andavano a razzolare sulla via: tanto presto sarebbero rientrate spontaneamente nella gabbia.

Per favorire la crescita di pennuti allevati si somministrava come cibo ‘u sciuscjille.

Il gabbiotto veniva portato dentro casa la sera per evitare che i polli prendessero freddo, e soprattuto che NON prendessero…il volo verso le pentole altrui.

Caggellöne è anche un soprannome locale

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Cafùrchje

Cafùrchje s.m. = Tugurio

Abitazione o ambiente angusto e squallido.

Vèche truànne ‘ne chése, me so’ stanghéte de sté jind’a códdu cafùrchje a sutténe! = Sto cercando una casa, mi sono stancato di vivere in quel tugurio a piano terra..

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Caföne

Caföne s.m. = Contadino

Aggettivo e sostantivo in uso in Italia meridionale quale dispregiativo per indicare chi o che è rozzo e ignorante.

Al femminile è invariabile (‘u caföne ‘a caföne) ; al plurale m. e f. suona ‘i cafüne.

Una volta i lavoratori della terra non avevano il tempo di istruirsi perché già da tenera età erano costretti assieme al padre a svolgere i faticosi lavori campestri.

Ricordiamoci però che il contadino ha scarpe grosse e cervello fino! Il cervello fino prescinde dall’istruzione. Uno può essere anche ingegnere ma babbeo, e al contrario analfabeta ma dalla intelligenza viva, pronta.

In italiano il termine cafone ha assunto una valenza ancora più negativa per indicare chi o che è villano, screanzato, zotico, rude. In questo caso in dialetto si dice cafunàcce.

 

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Cacciunjille 

Cacciunjille s.m. = Cagnolino

Per indicare un cane di piccole dimensioni, si usa generalmente il diminutivo cacciüne = cagnetto, cagnolina, quando dal contesto si evince che si parla di cani. Difatti il sostantivo cacciüne indica anche il pesce Gattuccio

Più frequentemente viene adoperato il sostantivo invariabile cacciunjille =cagnolino, che ha un significato univoco, proprio per evitare confusione.

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