Autore: tonino

Cardöne 

Cardöne s.m. e agg. = Cardo

Nome comune di diverse piante campestri erbacee con foglie e brattee spinose, della famiglia delle Composite.
Il cardo, del genere Cinara (Cynara cardunculus) appartenente famiglia dei carciofi, viene anche coltivato come ortaggio, con foglie carnose biancastre.

E’ detto in dialetto ‘u cardöne de péne = cardo di pane, perché piuttosto asciutto, per distinguerlo da quello spontaneo dei campi, ovviamente chiamato cardöne d’acque.

Anche i meloni si distinguono quelli ‘di pane’ e quelli ‘d’acqua’.

I cardi sono piuttosto insipidi, senza un gusto accentuato.

Quelli campestri (Silybum marianum) venivano consumati crudi, dopo paziente operazione per privare le coste dalle spine e dai filamenti, dai pastori che non avevano altro companatico.

Sono piuttosto insipidi, senza un gusto accentuato.  Per questo motivo il termine è passato ad indicare un soggetto fessacchiotto.

Vi invito anche a vedere il termine cardungjille, un cardo selvatico invece molto apprezzato.

Cardöne è usato anche come soprannome, forse derivante dal cognome Cardone

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Cardìlle

Cardìlle

Cardìlle s.m. = Cardellino (ornit.)

Il cardellino(Carduelis carduelis) è un uccello della famiglia dei Fringillidi e vive nell’Europa continentale dai monti Pirenei ai monti Urali.

Catturato viene posto in gabbiette al pari dei canarini. Canoro, ma soffre della costrizione. Lasciateli liberi!

Quando qlcu con velleità dongiovannesche, si autoproclama cardìlle, perché saltella di qua e di là da una ragazza all’altra, non gli credete!

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Caraffe

Caràffe s.f. = Caraffa, boccale, brocca.

Oltre al significato di recipiente per liquidi, come vuchéle = boccale, la caraffe era unità di misura nel Regno delle due Sicilie usata fino all’avvento dell’unità d’Italia nel 1860.

Guardate le notizie le ho trovate in rete:

Caraffa: Antica unità di misura di capacità per i liquidi, in uso nel Napoletano. Era di due tipi: caraffa di botte e caraffa di vendita al minuto.
La caraffa di botte, utilizzata nei traffici mercantili, era corrispondente a:

* 0,7270266 litri, dal 1480 al 1811;
* 0,7270270 litri, dal 1811 (legge del 19 maggio) al 1840;
* 0,7270838 litri (= 0,725539 Kg. di acqua distillata), dal gennaio 1841.

La caraffa di vendita minuto, usata nel commercio minuto valeva:

* 0,6609333 litri, dal 1480 al 1811;
* 0,6604190 litri, dal 1811 al 1840;
* 0,6609853 litri, dal gennaio 1841.

La legge del 6 aprile 1840 stabilì che 60 caraffe di botte o 66 caraffe di vendita a minuto costituivano un barile (di vino o di acquavite).

Nella nostra città, la caraffa era utilizzata come unità di misura di capacità per il vino e valeva 0,7277029 litri (= 0,7261627 chilogrammi).

Più o meno quanto l’attuale capacità delle bottiglie bordolesi e renane usate per i vini DOC.

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Capuzzèlle 

Capuzzèlle s.f. = Testina, capoccetta

Testa di agnello o agnellone divisa a metà per la sua lunghezza.

La due metà della capuzzèlle, opportunamente condite (con aglio, prezzemolo, formaggio, olio, sale e pepe),  e passate al forno su un letto di patate a tocchetti, costituiscono una pietanza “povera”, ma molto, molto profumata e gustosa.

Non ho voluto includere la foto delle testine scuoiate perché ho ritenuto che siano inquietanti, più di quelle visibili nelle macellerie, quelle ancora attaccate agli ovini, macellati e appesi per le zampe posteriori.

Etimo: dimin. di testa, capo.

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Cappucciüne

Cappucciüne s.m., sopr. = Frate francescano..

L’Ordine dei Frati Minori francescani si suddivide:

OFM Conv. = Ordine Frati Minori Conventuali
OFM Capp. = Ordine Frati Minori Cappuccini.

Soprannome: Forse il capostipite (Fam. De Vita) era intenzionato a farvi parte, ma poi ha rinunciato; tuttavia ha meritato ed acquisito un bel soprannome.

Il nome del cappuccino al bar è un’altro mistero, forse determinato dal colore del caffellatte con questo nome, dal colore simile a quello della tonaca dei frati.

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Cappócce

Cappócce s.m. = Cavolo cappuccio

Il Cavolo capuccio (Brassica oleracea capitata) tra le specie dei cavoli è quella più coltivata nel mondo. (foto fornita da Gigi Lombardozzi, cui va il mio ringraziamento)

La parte commestibile è costituita dalle foglie disposte a rosetta; le esterne sono rivolte in fuori, quelle interne, di colore più chiaro, si avvolgono gradualmente e si sovrappongono formando una grossa palla molto dura e compatta.

Le foglie sono lisce, ampie, cerose; le nervature sono numerose e sottili, quella centrale è molto pronunciata e biancastra. Il fusto è eretto.

Una varietà del cavolo cappuccio è il cavolo verza, detto comunemente verza (Brassica oleracea sabauda). Pianta dal fusto piuttosto corto, con foglie ben sviluppate che, invece di essere lisce come quelle del cavolo cappuccio, presentano callosità ed increspature e sono di un colore più scuro.

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Cappellére 

Cappellére s.m., sop. = Cappellaio

Fabbricante e venditore di cappelli da uomo. Quella che si dedicava ai cappellini da donna era chiamata ‘a mudìste = la modista.

Il soprannome, come tanti altri, deriva dalla professione esercitata dal capostipite, come ad es.: vuccjire, ferracavàlle, ‘u nolègge= beccaio, maniscalco, noleggiatore di biciclette, ecc.

La memoria adesso mi vacilla. Forse forse dovrebbe appartenere a un De Francesco ‘u cappellére.

 

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Capòcchje

Capòcchje s.f. = Glande

Termine anatomico che definisce l’estremità del pene, costituita da un rigonfiamento del corpo cavernoso, alla cui estremità si apre l’orifizio uretrale, e da un cercine basale.

Insomma non si tratta della capocchia ingrossata e arrotondata di spilli e fiammiferi…

L’etimo è sempre “capo” nel senso di testa.

Fuori dai denti: si tratta di un sinonimo di chépe de cazze, ma solo in senso fisico.

Quando qualcosa non è stata eseguita correttamente si dice: sté fàtte a capòcchje = a vanvera, senza riflettere, a caso, in modo bizzarro, alla carlona

L’amico Lino Brunetti alla voce capòcchje ricorda un tale (clicca qui→) Ferdinando.

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Capìtele

Capìtele s.m. = Capitolo, corporazione religiosa

Collegio dei Canonici addetto al servizio della cattedrale. Si riunisce al completo in occasione delle solennità o per riti liturgici particolari a corollario del Vescovo (ordinazioni sacerdotali, processioni, ecc.).

Talvolta era invitato ad accompagnare nel tragitto fino alla chiesa per il rito funebre religioso, la salma di personalità importanti (ma quali importanti! Totò diceva che la morte è una livella…).

Era il cosidetto funerale di prima classe, che comportava anche il seguito di suore, orfanelli in preghiera e la banda musicale.

Cioè se qualcuno al funerale del caro estinto era facoltoso, poteva permettersi tutto questo corteo a pagamento. I meno abbienti facevano a meno anche dei fiori. Mamma mia!

Meno male che il Concilio ha abolito tanti fronzoli. Era ora.

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Capèzze

Capèzze s.f. = Briglia, cavezza

Briglia, fune che si mette alla testa dei cavalli o di altre bestie da soma per tenerli legati alla mangiatoia o per condurli a mano.

Può significare anche capestro, fune usata per le impiccagioni.

Mò ce ne vöne p’a capèzza ngànne = Ora se ne ritorna con la corda al collo.

Figuratamente si declamava questo detto per indicare qualcuno che in precedenza si era comportato da scapestrato (ecco che ritorna capestro) e alla fine, come il figliol prodigo della Parabola evangelica, se ne torna da suo padre.

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