Categoria: V

Vöve

Vöve s.m. = Bue, bove

Al plurale diconsi ‘i vùve. Come in molti animale l’individuo femmina prende un altro nome, come in italiano, In questo caso la femmina di vöve è ‘a vàcche s.f. = vacca.

Mammifero appartenente alla famiglia dei Bovidi (Bos taurus). Quando è allevato per la riproduzione dicesi ‘u töre s.m. = toro, ed è sinonimo di possanza fisica, vigore incontenibile.

Per renderlo mansueto e adatto ai lavori campestri, specie nel trainare il carro e l’aratro, prima dell’avvento della meccanizzazione in agricoltura, gli allevatori lo castravano.

I bovini sono allevati solo per ricavarne latte e carne.

Mi vengono a mente un paio di proverbi su questo bove vöve.

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Vòvete

Vòvete s.m. = Gomito.

Ammessa anche la versione vódeve.
Il sostantivo deriva dal latino cubitum che significa  proprio gomito. In poesia viene usato cubito.

Ossa del braccio che consentono lo snodo dell’avambraccio.

Al singolare la “o” (‘u vòvete) ha un suono largo. Al plurale (‘i vóvete)  ha un suono più acuto, quasi una “u”. .

Il termine è andato quasi in disuso.
Oggi si dice gòmete, sia per indicare la parte anatomica dello scheletro umano, sia per i pezzi di tubazione che raccordano ad angolo retto due tubi lunghi.

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Vrachètte

Vrachètte s.f. = patta

Pezzo di stoffa che nasconde una serie di bottoni, una cerniera ecc

Specificamente quella dei pantaloni in dialetto dicesi vrachétte perché dà immediato accesso alle brache = vréche.

Con l’accrescitivo (maschile) vrachettöne s’intende designare qlcu che porta i pantaloni dal cavallo molto basso.

Quèdde angàppe l’öme ( o l’ùmene) pe vrachètte = Costei è una poco di buono

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Vrascjire

Vrascjire s.m. = Braciere

Recipiente di rame e ottone usato come stufa per riscaldare gli ambienti. Vi si poneva la carbonella accesa coperta di cenere per farla durare a lungo.

Aveva un apposito sostegno con tre piedi di ottone, o anche come una specie di supporto di legno, chiamati entrambi ‘u pöte-vrascjire = piede del braciere, e si posizionava al centro della stanza da riscaldare.

Sovente, su un apposito supporto di ferro (detto ‘u trepjite, il treppiedi) conficcato nella cenere, si poneva un tegamino di terracotta per cuocere i legumi o il ragù per sfruttare il calore del fuoco del braciere.

Talvolta il braciere era coperto da una bella “cupola” di ottone, bucherellata con fori di varie forme, per evitare dispersione di cenere e cadute accidentali di bimbetti nel fuoco. Bella, ornamentale funzionale. Il braciere veniva così chiamato vrascjire a cambéne = braciere a campana.

Qualcuno chiamava la sola “campana” con l’appellativo ‘u mòneche = il monaco.

Leggete anche la descrizione di un altro accessorio del braciere, chiamato ‘u diàvele, al significato 2).

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Vrazzalètte

Vrazzalètte s.m. = Braccetto

Ognuno dei paletti legno infissi in appositi supporti a occhiello, che reggono le due sponde laterali di legno di un carretto.

Era un’ottima arma di difesa dei carrettieri sempre a portata di mano.

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Vràzze

Vràzze s.m. = Braccio

Ciascuno dei due arti superiori dell’essere umano.

Me dòlene ‘i vràzze = Mi dolgono le braccia.

Mìtte ‘u vràzze pe sòtte = Poni il tuo braccio sotto (l’oggetto da trasportare, così lo reggi meglio)

In spagnolo è brazo, con la ‘b’ che si pronuncia uguale alla ‘v’, ossia come se si soffiasse lievemente per spegnere la candelina.

Però i derivati di vràzze (abbrazzé, braccialètte, ‘mbràzze) hanno la bella ‘b’ sonora.

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Vréche 

Vréche s.m. = Mutande

Si intende sempre al plurale = ‘i vréche.

Capo di biancheria intima, indossato a nudo sulla pelle per coprire la parte inferiore del corpo, perlopiù sgambato o a calzoncino o addirittura lungo fino alle caviglie..

Modo di dire: scappé p’i vréche ‘mméne = fuggire precipitosamente.

Ossia scappare in situazione di imminente pericolo, senza avere il tempo nemmeno di sollevarsi le brache.

Ricordo il tragi-comico racconto di un reduce della Grande Guerra:

Ce ne süme scappéte dalla trenciöje p’i vréche mméne, pecchè stèvene arrevànne l’Astr’ungàreche = Ci siamo buttati fuori dalla tricea con le brache in mano perché stavano giungendo gli Austro-ungarici.

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Vrejògne

Vrejògne s.f.= Vergogna


Accettabile anche la grafia vrjògne.

Sentimento di colpa o di umiliante mortificazione che si prova per un atto o un comportamento, propri o altrui.

Per usare il verbo vergognarsi si usa la locuzione mettìrece a vrjogne

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Vrìcce

Vrìcce s.f. = Pietra sminuzzata.

Pietruzza ottenuta dalla frantumazione di pietra calcare attraverso un frantoio (‘u frandöje), e si presenta con bordi spigolosi.

In dialetto con questo sostantivo intendiamo definire anche la ghiaia, che si presenta in detriti rocciosi, arrotondati per rotolamento, e depositati dalle acque dei fiumi o del mare.

‘I vrìcce, opportunamente dosati in base alla loro pezzatura, sono adoperate come materiale per la preparazione di conglomerati cementizi (calcestruzzo) o bituminosi.

Ùrte d’i vrìcce = Orto del brecciame. Toponimo locale che indica un tratto rivierasco ubicato, se non ricordo male, verso l’attuale Villaggio dei Pescatori. Anticamente vi traevano inerti per l’edilizia: in pratica era una cava di ghiaia.

L’insieme di pietruzze e/o ghiaia dicesi vreccéme = brecciame.

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Vrìccele 

Vrìccele s.m. = Pietrisco, brecciame, ghiaia

Va bene anche la versione vrìcce
Ho sentito dire anche vreccéme= brecciame. a anche vrecciöle = brecciòla

Generalmente è usato al plurale (‘i vrìcce) per indicare genericamente la roccia ridotta in frantumi.

Il brecciame naturale, la ghiaia, (vedi foto) ha forma arrotondata per l’azione erosiva causata dal secolare movimento dell’acqua dei fiumi o del mare.

Quello artificiale, il pietrisco, è spigoloso, perché si ottiene sbriciolando la roccia con potenti frantoi. Esso mediante grossi vagli rotanti, viene separato in diverse pezzature.

Gli ingegneri generalmente usano i termini di “finissimo”, “fino”, “sabbione”, “risotto”, “graniglia”, secondo il diametro del granulato.
Una scientifica “curva granulometrica” o “Curva di Füller” determina la percentuale di ingresso delle varie pezzature di aggregato che debbono entrare nella miscela ideale per ottenere un buon calcestruzzo.

Il pietrisco così come esce dal frantoio, è detto tecnicamente tout venant. Esso veniva usato, costipato e rullato, quale pavimentazione stradale detta Macadam, in cui le parti fini della stessa roccia fanno da collante. Per le strade di grande traffico si usa in Macadam bitumato.

Il toponimo locale ‘Urte ‘i vrìcce , tradotto un po’ frettolosamente in “Orto delle brecce”, forse avrebbe reso meglio il significato se fosse stato indicato come “Orto del brecciame”

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